Pd e Forza Italia. Esponenti di partito, ma anche tecnici e funzionari che nelle retrovie della politica sono cresciuti fino ad arrivare ai vertici di municipalizzate, a guidare sezione regionali di schieramenti di livello nazionale, a coordinare l’azione amministrativa di commissioni del Campidoglio, a maneggiare milioni in fondi pubblici destinati alla gestione dell’accoglienza dei migranti. Sono i volti delle istituzioni, gli uomini che a destra e sinistra “mungevano la mucca” della cosa pubblica (secondo l’illuminante definizione coniata il 14 marzo 2013 da Salvatore Buzzi) condannati dalla X sezione penale del Tribunale di Roma nel processo al Mondo di mezzo.
Luca Gramazio, l’uomo di Carminati alla Regione Lazio – Trentaquattro anni al momento dell’arresto, il figlio dell’ex senatore Domenico Gramazio, figura di rilievo nella storia del Movimento Sociale Italiano, vantava già un cursus honorum di tutto rispetto: già capogruppo del Pdl in Campidoglio, quando la mattina del 4 giugno 2015 le manette scattano intorno ai suoi polsi Luca è capogruppo di Forza Italia alla Regione Lazio. Dove era, secondo l’accusa, la longa manus destra del sodalizio criminale. Alla Pisana la torta è ricca, gli appalti milionari specie nella sanità. Quello sul Recup, il centro unico delle prenotazioni delle prestazioni sanitarie, su tutti: a Carlo Maria Guarany che gli fa notare che la gara vale “60 milioni de euro“, Massimo Carminati precisa: “In Regione c’avemo Luca“. “Sì, ma io voglio di’ – replica il collaboratore di Salvatore Buzzi condannato a 5 anni, – questi qui la gara de 60 milioni di euro l’avranno vista, no? Se ne saranno…”. “No, ma Luca sicuramente è stato interessato – gli risponde l’ex Nar – Se c’è da dà una spinta, gliela damo”.
Un rapporto che lega il Cecato all’intera famiglia Gramazio: “Mio padre era in splendidi rapporti con i genitori di Carminati – raccontava in aula l’esponente di Forza Italia nell’aprile 2016 – militavano insieme nel Msi degli anni ’70 ed erano presenti al mio battesimo“. L’amicizia è solida e resiste agli anni: il 21 luglio 2013, Luca e papà Domenico vedono con l’ex Nar a cena Dar Bruttone, trattoria in zona San Giovanni. Discutono della strana rapina di qualche giorno prima al Centro Iniziative Sociali di via Etruria 79. Data la singolarità dell’episodio e sospettando che le forze dell’ordine possano aver piazzato microspie, Carminati dispensa consigli: “Faglie fa’ una bella bonifica, guarda dentro le cose, dentro tutte le placche, faglie smonta’ le plastiche”. Condannato a 11 anni, unico politico accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ora andrà ai domiciliari.
Mirko Coratti, il garante della spartizione in Campidoglio – “Me so’ comprato Coratti”, dice Buzzi in un’intercettazione. Le carte dell’inchiesta descrivono il ruolo che secondo l’accusa l’esponente del Pd, arrestato il 4 giugno 2015 e condannato a 6 anni, aveva in Assemblea Capitolina: “Nel corso di dialoghi con i suoi collaboratori – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare del 29 maggio 2015 – Buzzi indica il ruolo di Coratti nell’assegnazione delle gare; Coratti che si preoccupa che siano rispettati gli equilibri politici tra maggioranza e opposizione in Consiglio Comunale nella percezione delle relative utilità“. Coratti, in pratica, aveva il compito di far sì che venissero accontentati sia gli appetiti del centrosinistra che del centrodestra. Un ruolo che emerge chiaro dalle intercettazioni: “Coratti dice che sulla gara AMA 27 lui non se la po’ carica’ tutta quanta – spiega Buzzi nel gennaio 2014 a un collaboratore – dice ‘una parte deve esser a carico dell’opposizione’”. Nel senso che una parte dell’appalto deve essere affidata a una coop legata al centrodestra romano.
Luca Odevaine, il gestore dell’affare migranti – “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”, la frase scolpita da Buzzi nella percezione dell’opinione pubblica. L’uomo che gestiva gli affari grassi sull’accoglienza era Luca Odevaine, condannato a 6 anni e 6 mesi (8 con la continuazione). Non è un politico in senso stretto: è un tecnico, Odevaine, ma era organico al Pd ed era stato vice capo di gabinetto del sindaco Walter Veltroni. Da membro del Tavolo di coordinamento nazionale sull’immigrazione del Ministero dell’Interno e “consulente del Consorzio Calatino Terra d’Accoglienza, ente che soprintende alla gestione del C.A.R.A. di Mineo” “sono in grado un po’ di orientare i flussi che arrivano da giù… – spiega il diretto interessato, intercettato, al suo commercialista – anche perché spesso passano per Mineo… e poi… vengono smistati in giro per l’Italia… se loro c’hanno strutture che possono essere adibite a centri per l’accoglienza da attivare subito in emergenza… senza gara. Io insomma gli faccio avere parecchio lavoro…”.
Un lavoro, quello di Odevaine, ben retribuito: “Ho percepito cinquemila euro al mese da Buzzi da fine 2011 al novembre del 2014 – ammetteva il 2 febbraio 2017 in aula – per lui risolvevo i problemi, facilitavo gli interessi di Buzzi. Ho preso soldi anche dalla cooperativa La Cascina” per la struttura del catanese: circa “10mila euro, poi diventati 20mila euro” per un totale di circa “260 mila euro”. Vicenda per la quale aveva patteggiato una pena a 2 anni e 8 mesi. Patteggiamento raggiunto anche nell’altro troncone dell’inchiesta: quello sulla concessione dell’appalto dei servizi, dal 2011 al 2014, allo stesso Cara.
Franco Panzironi, la longa manus di Carminati all’Ama – Il “Tanca”, altro tecnico, era uomo di Gianni Alemanno (scagionato da tutte le accuse nell’inchiesta sul Mondo di mezzo) che lo aveva messo alla guida dell’Ama, ma l’ex sindaco lo aveva scaricato subito, l’8 dicembre 2014, sei giorni dopo la prima tornata di arresti: “Esistono anche collaboratori infedeli“. Nell’ordinanza del 29 maggio 2015 viene definito “pubblico ufficiale a libro paga, partecipa all’associazione fornendo uno stabile contributo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, per lo sblocco di pagamenti in favore delle imprese riconducibili all’associazione; garante dei rapporti dell’associazione con l’amministrazione comunale negli anni 2008/2013“. Una definizione ancora più netta del suo ruolo operativo la dava nel luglio 2015 Franco Gabrielli: “La conduzione di Ama era subappaltata a Mafia Capitale”, scriveva l’allora prefetto nella relazione inviata all’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano. Amministratore delegato della municipalizzata capitolina dei rifiuti dal 5 agosto 2008 a 4 agosto 2011, il 27 maggio 2015 Panzironi è stato condannato a 8 anni e 8 mesi per la Parentopoli di Ama, centinaia di assunzioni irregolari tra il 2008 e il 2009.
Giordano Tredicine, lo “sposo” di Buzzi – Rampollo della famiglia di venditori ambulanti che gestisce gran parte dei camion bar a Roma, è stato condannato a tre anni. Presidente della Commissione Politiche Sociali e Famiglia sotto la giunta Alemanno, al momento dell’arresto nel giugno 2015 era vicepresidente del consiglio comunale e vicecoordinatore di Forza Italia per il Lazio. “A noi Giordano c’ha sposati – spiegava Buzzi a Caldarelli in un’ intercettazione, utilizzata dagli inquirenti per illustrare la logica spartitoria utilizzata dal gruppo – e semo felici de sta co Giordano”. Perché, proseguiva il capo delle coop rosse, “stamo de qua.. e stamo de là…”, sia con il centrosinistra che con il centrodestra“.
Andrea Tassone, minisindaco di Ostia. Poi sciolta per mafia – Condannato a 5 anni, Andrea Tassone è l’ex presidente Pd del Municipio di Ostia, sciolto per mafia il 28 agosto 2015. “In più occasioni ha intrattenuto rapporti e connivenze con il branch economico di Mafia Capitale”, scriveva Gabrielli nella relazione inviata al Viminale nella parte dedicata alla proposta di scioglimento. Verde pubblico e spiagge, nel mirino di Carminati e soci: “‘400mila per il verde ce li danno a noi – spiega il ras delle coop Salvatore Buzzi in un’ambientale del 16 maggio 2014 negli uffici della 29 giugno – Tassone è nostro, è solo nostro, non c’è maggioranza e opposizione, è mio”.