La vicenda della barca anti Ong non sarà il problema principale dei governi europei, impegnati ora a scovare cavilli burocratici per limitare legalmente i salvataggi in mare, ma se quello degli identitari non è un bluff, ovvero se davvero metteranno in pratica il loro confuso piano casalingo anti-immigrazione, il governo italiano avrà presto un serio problema da affrontare.
Soprattutto di ordine legale. Recuperare un barcone e portare i migranti in Italia oppure consegnarli alle autorità libiche non è la stessa cosa. Secondo Fulvio Vassallo, docente presso l’Università di Palermo e avvocato specializzato in diritti dei migranti il parallelismo tra le due attività è da escludere categoricamente: consegnare alle autorità libiche i migranti recuperati in mare va considerato in tutto e per tutto un respingimento collettivo.
Ossia una pratica vietata dal diritto internazionale se posta in essere da uno Stato, doppiamente vietata se il responsabile è un privato: di fatto, spiega Vassallo, rivolgendosi direttamente alla autorità libiche, gli identitari andrebbero, senza titoli, ad attribuirsi funzioni pubbliche. Così, oltre a violare il diritto internazionale potrebbero rischiare di incappare anche nelle maglie del codice penale italiano.
D’altronde, a differenza di quanto si possa credere, non è la bontà dell’Italia, ma la particolare posizione geografica del Paese nelle dinamiche della cooperazione per il salvataggio dei migranti ad averci esposto politicamente più di altri.
E’ la Capitaneria di porto italiana, infatti, a coordinare le operazioni denominate “SaR” (Search and Rescue) e mentre le imbarcazioni di Sos Mediterranee e delle altre Ong svolgono attività totalmente in linea con il diritto del mare, gli interventi che hanno annunciano i crociati di Generazione identitaria, rischiano di costare loro molto caro.
Vassallo non è preoccupato solo per le conseguenze giuridiche: le azioni di disturbo annunciate rischiano di diventare focolai di tensione con le imbarcazioni delle Ong e potrebbero contrastare le operazioni di salvataggio (quelle vere), mettendo a repentaglio l’incolumità di tutti.
D’altronde è il gruppo di Defend Europe a sostenere di voler fermare gli sbarchi a tutti i costi e se un delicato intervento di questo tipo, che spesso coinvolge donne e bambini, viene effettuato amatorialmente da un drappello di attivisti ossessionati dal voler cacciare lo straniero a tutti i costi, non ci vuole molto a comprendere quanto concreto sia il rischio di una tragedia.