Ritirare la sospensione dal partito a Luca Gramazio e Giordano Tredicine e denunciare il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatore, per “danni d’immagine”. Quasi come se i due fossero stati assolti. Forza Italia tenta il doppio colpo di spugna all’insegna del garantismo, nel tentativo di cavalcare la sentenza di primo grado sull’inchiesta Mondo di Mezzo (ormai ex mafia capitale) pronunciata il 20 luglio dal X Sezione Penale del Tribunale di Roma. Un verdetto, come noto, che ha visto decadere l’articolo 416 bis – ovvero l’aggravante mafiosa – sebbene siano state applicate pene anche pesanti e confermati i reati di corruzione e associazione a delinquere ipotizzati dalla Procura. Fra i 41 condannati del maxi-processo, ci sono anche due storici esponenti azzurri, l’ex consigliere regionale Luca Gramazio (11 anni di reclusione) e l’ex consigliere capitolino Giordano Tredicine (3 anni). I due, ai quali due anni fa era stata ritirata la tessera del partito, sarebbero “pronti a recuperare il loro diritto alla vita politica”, secondo Francesco Giro, senatore azzurro e vice-coordinatore azzurro nel Lazio. Una proposta-choc alla quale si aggiunge l’iniziativa del suo collega a Palazzo Madama, Francesco Aracri, che a ilfattoquotidiano.it si dice già impegnato nella “costituzione di un comitato civico che denunci il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, per aver diffamato la Capitale d’Italia”.
LA PROPOSTA E L’IMBARAZZO – A rincarare la dose è proprio Giro: “Il giudizio di primo grado – spiega l’ex sottosegretario – ha radicalmente ridimensionato le accuse eliminando quelle che noi stessi ritenevamo lesive dell’onorabilità del ruolo politico istituzionale del movimento politico”. Dunque, per assurdo, potrebbero anche ricandidarsi? “Per ricoprire ruoli istituzionali bisogna avere la serenità giusta – risponde il senatore – e non credo che sia pratico far ciò mentre si affronta un processo, con tanto di condanna in primo grado. Tuttavia, potrebbero tornare al loro diritto di fare politica, come qualsiasi cittadino che attende giudizio definitivo. E vi assicuro che se ci fossero le elezioni a sindaco di Rebibbia, per tutto ciò che ha fatto in carcere Luca potrebbe addirittura vincerle”. Una questione, quella posta da Giro, che va a colpire il cuore politico del partito: seguire la via del “garantismo estremo” o predicare “prudenza”? L’imbarazzo fra gli azzurri è palpabile. Il coordinatore romano, Davide Bordoni, ad sempio, fa melina affermando che “saranno i probiviri a decidere sulla questione, che comunque è molto delicata”. Fra un “no-comment” e un “vedremo”, a schierarsi davvero al fianco di Giro per ora c’è solo Adriano Palozzi, consigliere regionale che in Forza Italia riveste il ruolo di coordinatore della provincia di Roma: “Sono perfettamente d’accordo con il senatore e su questo fronte gode del mio totale sostegno”. Alla fine, pero’, a decidere, sarà il coordinamento regionale, nei cui vertici c’e’ anche Domenico Gramazio, papà di Luca e altro politico di lungo corso sul territorio. In questo senso, si dovranno attendere le mosse del senatore Claudio Fazzone, ex sindaco di Fondi, leader regionale del partito e uomo di riferimento nel Lazio di Antonio Tajani, attuale presidente del Parlamento Europeo.
LA DENUNCIA A PIGNATONE – In tutto, ciò, bisognerà fare i conti anche con l’uscita di Aracri. Il senatore propone una class-action contro il procuratore di Roma “reo”, a suo dire, di aver contribuito a “diffamare per tre anni Roma e l’Italia” con una “accusa di mafia che, in questa vicenda, non aveva né capo né coda”. Ma è davvero possibile accusare un magistrato di diffamazione o calunnia? “Chi sbaglia deve pagare – commenta ancora il parlamentare – stanno pagando e pagheranno i condannati se le accuse verranno confermate, deve pagare questo signore che ci ha fatto dipingere una merda (testuale, ndr) sui giornali di tutto il mondo. E’ per questo che vogliamo chiedere i danni al dottor Pignatone”. Una possibilità che trova d’accordo anche Giro: “La class-action va bene, anche se forse andrebbe fatta dopo il terzo grado di giudizio – spiega – Quello che mi lascia stupito è che, dopo tre anni, Pignatone parli ancora di ‘mafietta’, ‘piccola mafia’, come se la mafia si potesse pesare come la carne dal macellaio o avesse delle categorie pugilistiche”.
GLI ALLEATI SI SMARCANO – Su questi temi, si guardano bene dal commentare i possibili alleati di Forza Italia. Fabio Rampelli, deputato e fondatore di Fratelli d’Italia, afferma chiaramente che “sono problemi loro, noi pensiamo ai cittadini e all’emergenza idrica”. Stessa cosa per Vincenzo Piso (Cuori Italiani, ex Ap) che si dice “felice di non avere questi problemi, dopo aver ricoperto per anni il ruolo di coordinatore regionale del Pdl”. Un altro “no comment” arriva addirittura da Francesco Storace, che pure insieme a Giro è stato uno dei pochi ad aver mostrato vicinanza agli arrestati e in particolare a Luca Gramazio: “Una cosa è il sostegno umano, un’altra è la politica. Decidessero loro (Forza Italia, ndr) tanto le tessere di partito non contano più nulla”.