Le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono una crescita del pil italiano dell'1,3 per cento nel 2017 e dell'1% nel 2018. Oltre al dato americano, rivisto al ribasso anche quello della Gran Bretagna a causa della Brexit. In Europa, invece, i "rischi politici sono diminuiti"
Cresce più del previsto l’economia europea e fa bene anche l’Italia, mentre rallentano gli Stati Uniti. È la fotografia scattata dal Fondo monetario internazionale che ha rivisto al rialzo le stime di Eurolandia dove i “rischi politici sono diminuiti”. Il pil italiano nel 2017 farà segnare un progresso dell’1,3%, molto meglio dello 0,8 per cento previsto ad aprile e ora in linea con le previsioni del governo. Mentre nel 2018 la crescita sarà dell’1%, nelle previsioni dell’Fmi. Rivisti al rialzo anche i numeri su Francia, Germania e Spagna “per le quali la crescita nel primo trimestre 2017 è stata sopra le attese”.
L’area euro crescerà quest’anno dell’1,9%, ovvero 0,2 punti percentuali in più rispetto alle previsioni di aprile. Il Fmi rivede invece al ribasso le stime di crescita per il 2017 della Gran Bretagna a +1,7%, ovvero 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di aprile. Invariata a 1,5% la stima per il 2018. La flessione nel breve periodo è dettata dall’incertezza per la Brexit.
Frenano anche, secondo l’aggiornamento del World Economic Outlook, gli Stati Uniti: la stima di crescita del pil – fissata allo 2,3% – è stata corretta in 2,1% nel 2017, mentre il dato del 2018 cala dallo 2,5% al 2,1%. Il Fondo monetario sottolinea che le stime riflettono “in parte la debole crescita del primo trimestre” e “la revisione, soprattutto per il 2018, è legata all’ipotesi di una politica di bilancio meno espansiva delle attese, data l’incertezza sui tempi e sulla natura delle politiche. Anche le attese del mercato per uno stimolo di bilancio sono calate”.
La ricetta del Fmi prevede per di andare avanti con le riforme ed evitare politiche che possano alimentare il protezionismo: “Nel lungo termine il non aumentare il potenziale di crescita – scrive l’organizzazione guidata da Christine Lagarde – e il non rendere la crescita più inclusiva potrebbero alimentare il protezionismo e ostacolare le riforme”.