Disperante. Disperante pensare che una specie di cyborg con parrucchino, quel Silvio Berlusconi a cui hanno innestato protesi in tante parti del corpo da renderlo (quasi) immortale, il dispensatore delle stesse barzellette rancide da cinque lustri, accompagnato da un codazzo di imbarazzanti/impresentabili andanti sul malavitoso, induce irrefrenabile scoramento pensare che costui possa ancora giocare un ruolo financo decisivo sulla scena e nei destini del nostro povero Paese.
A fronte di un tale scherzo macabro ci imbattiamo nel clone del cyborg venuto male (per di più risulta anche insopportabilmente antipatico e coltiva una drammatica tendenza agli autogol per eccesso di sicurezza/sicumera), cui si contrappone sul lato mancino una pattuglia di sopravvissuti a mille naufragi, che camuffano nell’istanza della purezza (rifare una Sinistra-Sinistra) il loro pervicace istinto di sopravvivenza per continuare a “esserci”, comunque e ovunque. Una combriccola di Nosferatu che rende intellettualmente vizzi anche i nuovi-nuovi che vi si sono aggregati, vanificando le personali verginità biografiche con la totale mancanza di aggiornamento nel patrimonio culturale e tecnologico del campo progressista; carenza che riaccredita – a contrario – la riproposizione di tutto l’usurato armamentario novecentesco (dalle nazionalizzazioni alle pianificazioni burocratiche). La mancanza di innovazione che costituisce il tallone d’Achille politico dei Corbyn e dei Sanders.
Intanto, in una sterile posizione di orgoglioso isolamento, i cinquestelle consumano il patrimonio di credibilità degli albori, tra topiche da impreparazione petulante e scontri intestini di matrice settaria; mentre il duo dei supremi reggitori rivela la propria totale inadeguatezza, dalle urla inconsulte del comico riciclato a speaker all’eminenza grigia pencolante tra una subcultura consulenzialese e il forzaleghismo, che ormai ha inquinato buona parte del milieu milanese.
Come siamo arrivati a un tale sfacelo, che produce soltanto fughe di massa verso l’assenteismo elettorale?
Le interpretazioni possono essere due: la prima è che il combinato Tangentopoli ed egemonia ventennale del Berlusconismo ha desertificato al napalm il campo della politica, con una mutazione antropologica delle nuove entrate: se i Baby Boomers della Prima Repubblica erano portatori di valori solidaristici e partecipativi, poi strumentalizzati e depistati dalla professionalizzazione accaparrativa della politica politicante; i nipotini della Seconda sono cresciuti a una scuola di cinismo che li porta a spregiare ogni intento generoso, nella considerazione del demos alla stregua di una mandria da tenere buona mediante tecniche illusionistiche.
La seconda interpretazione, a più vasto raggio, registra l’avvenuta cannibalizzazione della Politica da parte dell’Economico, con la valorizzazione di un personale elettivo subalterno alle ragioni del Capitale. Buon ultimo l’esempio di quell’Emmanuel Macron, espressione dei residui poteri forti d’oltralpe (Massoneria e circuiti finanziari/bancari), che tanto piace ai nostri quarantenni in carriera – da Calenda a Renzi – ma la cui luna di miele con il popolo francese sembra destinata a una rapida quanto drastica interruzione.
Stando così le cose, il danno è troppo profondo per essere sanato con qualche mossa d’effetto, in attesa dell’improbabile arrivo del Settimo Cavalleggeri.
Per questo credo si debba guardare attentamente alle esperienze di rifondazione della vita pubblica partendo dalla società, dai suoi punti di maggiore sofferenza, come si sta sperimentando a partire dai territori. E la penisola iberica è un laboratorio che merita la massima attenzione. Non soltanto per l’ormai classica Barcellona. Oggi è pure Lisbona che mette in vetrina qualcosa di importante: sindaco della città dal 2007 al 2015, Antonio Luis Santos da Costa, per lato paterno di etnia indiana dell’ex colonia di Goa, ha promosso con successo strategie di lotta alla povertà e ora – eletto primo ministro – promuove alternative efficaci alle politiche di austerity.
Appunto, alternative che – guarda caso – hanno avuto incubazione nello spazio civico.