Ci risiamo. Renzi e renziani non avevano fatto in tempo a cantare vittoria sulle magnifiche progressive sorti del Jobs Act che quei menagrami guastafeste dell’Istat hanno calato una nuova mannaia sulla riforma del lavoro imposta dal “ducetto di Rignano”: in Italia la disoccupazione giovanile a maggio è risalita al 37%, dal 35,2% di aprile. E’ l’aumento più consistente di tutta la Ue e si conferma il terzo dato più elevato dopo Grecia (46,6% a marzo 2017) e Spagna (38,6%).
Uno schiaffo in faccia alle politiche governative sul lavoro, tanto più pensando che invece nella zona euro a maggio la stessa disoccupazione giovanile è rimasta stabile al 18,9%. Ha fatto quindi clamore un servizio trasmesso da La7 qualche settimana fa che raccontava un’altra storia. Una storia di lavoro che c’è ma che i giovani – tanto choosy, come li definì l’improvvida Elsa Fornero – proprio non vogliono fare. Si tratta del lavoro stagionale sugli 8309 chilometri delle nostre coste, quelli che da aprile a fine settembre si svolgono prevalentemente sulle spiagge. Di fronte ad un attonito Cesare Damiano, presidente della commissione lavoro della Camera (Pd), il Presidente Nazionale della Federbalneari, Renato Papagni dichiarava che un marinaio di salvataggio si porta tranquillamente a casa 1500 euro netti più il fine rapporto.
Un ragazzo che aiuta e che non è neanche il capospiaggia può guadagnare dai 40 ai 50 euro al giorno. Un barista prende 1700, 1800 euro, un buon cameriere di sala anche 2000. Sono retribuzioni buone, in un’Italia così avara di lavoro per i giovani. Eppure, secondo Papagni sono lavori ostici che gli italiani non vogliono proprio fare. E sulle spiagge trovate o vecchi bagnini o, al massimo, un paio di ragazzi svegli che lo hanno capito.
Luca (nome di fantasia) studia per la maturità. Fa il bagnino d’estate e l’inverno recupera quello che non ha potuto fare d’estate. “Sono otto anni per la precisione che non prendo il sole da bagnante. Non è che il lavoro non c’è. Il lavoro c’è. Bisogna volerlo”. Non solo Damiano. In studio, Elena Centemero, parlamentare di Forza Italia, Lara Ricciatti di Articolo 1, Raffaele Fitto, l’ex delfino affondato di Berlusconi, tutti rumoreggiano e scalpitano nelle sedie, insofferenti.
Arriva la testimonianza di Giada, una ragazza che fa la barista: “Io studio. Frequento ancora la scuola. Le mie amiche mi dicono che sono pazza. Loro vanno al mare, prendono il sole sulla spiaggia ma a me non piace pesare sulle spalle dei miei. Io mi sono svegliata, ho portato i curriculum in giro e mi hanno chiamata subito”.
A quanto pare, basta fare due passi su una qualsiasi spiaggia italiana per sentire racconti simili. La stagione estiva darebbe molte opportunità di lavoro, a tal punto che la richiesta supera abbondantemente la domanda. E’ la volta del gestore di uno stabilimento: “La voglia de incollasse due lettini sotto al sole con la sabbia che brucia i piedi c’è sempre meno. Noi abbiamo tanta richiesta ma poi ci ritroviamo cinque ragazzi al bar quando ce ne servono otto e ‘sti tre in più non si trovano. Se devo cercare due bagnini da spiaggia e due ragazze al bar, non c’ho certo la fila. Ma se cerco ragazzi stranieri, in mezz’ora li trovo.”
Implacabile, il servizio mostra anche l’intervsta ad un dj, uno dei mestieri più gettonati dai giovani: “C’e qualcuno che viene una, due volte poi però no, ‘ho da fare’, perché magari ha un po’ faticato. Mi serve una mano sabato, per fare un allestimento, per mandare una persona a montare l’attrezzatura e al momento sto avendo serie difficoltà a trovare qualcuno che mi risponda ‘ok sono libero’”.
Per la Federbalneari i numeri di questo potenziale mercato del lavoro estivo sono rilevanti: da 100 a 150 mila persone. Come una grande azienda. Certo, sempre poca cosa rispetto ai 2,2 milioni di giovani scoraggiati, quei Neet che non studiano né lavorano, ma quasi troppo bello per essere vero. La realtà è che, a parte le amiche di Giada, che vogliono prendere il sole invece di lavorare, i giovani che svolgono attività precarie-stagionali spesso non si possono chiamare lavoratori quando nella realtà guadagnano 200 euro per un mese come aiuto-cuoco in un ristorante, o 4 euro all’ora fare il bagnino.
Il servizio del La7 chiude con le parole di Papagni: “Questo è un messaggio che voglio dare. Parlate con noi. Venite a vedere, specialmente se siete giovani. C’è una grande prospettiva di lavoro”. Bisognerebbe davvero andare a vedere, ma forse senza telecamere, per scoprire se quella delle spiagge è davvero una ignorata Italia del bengodi o sono invece i giovani italiani talmente sfiduciati da non aspettarselo neanche più un posto al sole.