Avevano trentotto conti correnti bancari e postali, dossier titoli e libretti di risparmio. Ma dentro a quei conti c’era soltanto qualche euro. L’ultimo beffa della famiglia Riina arriva pochi giorni dopo l’operazione dei carabinieri del Ros e quelli del comando provinciale di Palermo e Trapani. Su ordine della procura di Palermo gli investigatori hanno sequestrato ai congiunti del capo dei capi di Cosa nostra beni del valore di un milione e mezzo di euro. I sigilli erano scattati su alcune società, su una villa, su alcuni terreni (tra i quali anche appezzamenti che appartengono formalmente alla Curia) e appunto su 38 rapporti bancari.
Coma racconta Salvo Palazzolo su Repubblica, infatti, in quei conti sono stati trovati soltanto pochi spiccioli. Da dove arrivavano quindi quei 42 mila euro che la moglie del padrino, Ninetta Bagarella,utilizzzava tra il 2007 e il 2013 assegni per ottenere assegni circolari e vaglia postali da girare a favore dei congiunti detenuti. In carcere c’erano il figlio maggiore Giovanni, che sconta l’ergastolo, e il più piccolo, Giuseppe, ora tornato libero dopo una condanna per mafia. E Tony Ciavarello, il genero di Riina, dove ha preso i soldi usati per aprire in Puglia le sue società che si occupano di ricambi d’auto e di camion?
Per provare a ricostruire questi passaggi, gli investigatori stanno passano al setaccio i conti sequestrati, con la speranza d’individuare gli insospettabili prestanome che hanno aiutato i Riina a nascondere il loro tesoretto. Proprio Ciavarello, marito di Maria Concetta Riina, dopo le notizie sul sequestro ha utilizzato il suo profilo facebook per scagliarsi contro “gente di legge e giornalisti accaniti contro di noi”. “Palazzolo (Salvo, giornalista di Repubblica-Palermo) aspetta e spera, tu e tutta la procura di Palermo che ti foraggia gli scoop prima che le cose accadono. E poi. Io non lancio tesi, io a differenza tua parlo per cose di cui sono certo e non come scrivi tu di ciò che i registi ti imboccano”. Poi un affondo sui sequestri ai beni dei Riina messi a segno dai carabinieri: “Avete sequestrato con ingiusta violenza la mia azienda, ma non potrete mai sequestrare il mio Sapere ed il mio Mestiere, e per questo risorgerò presto dalle mie ceneri come l’Araba Fenice più Grande e più Forte di prima. Per il resto arriverà il giudizio di Dio“.