Il numero verde contro le discriminazioni costa oltre 800 euro a chiamata. E poco importa se qualcuno ha sbagliato a digitarlo o se lo Stato già svolge lo stesso servizio. Possibile? Sì, perché in Italia discriminare sarebbe vietato e sprecare pure, ma spesso succedono entrambe le cose. Lo certifica il servizio di Contact Center istituito due anni fa dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità in seno alla Presidenza del Consiglio, proprio quello del direttore pizzicato dalle Iene a finanziare locali per prostituti che s’è poi dimesso.
Attivo da tre anni a suon di spot – Il numero verde 800901010 è decollato nel 2015 a suon di spot governativi con la missione di raccogliere segnalazioni di potenziali vittime o testimoni di comportamenti discriminatori fondati su razza, orientamento sessuale e diritti Lgbt, disabilità, religione ed età. Attività benemerita in un Paese dove un vicepresidente del Senato paragona un ministro a un orango e gli episodi di intolleranza, bullismo e sessismo sono all’ordine del giorno. Benemerita, ma sorprendentemente costosa. Proprio in questi giorni è stato pubblicato il bando per la prossima gestione biennale del centralino che comprende ricezione, compilazione scheda, report finale e monitoraggio attività. Costo: 1,9 milioni di euro più Iva. Solo un Salvini potrebbe dire che è uno spreco di denaro pubblico, un altro frutto di quel “boldrinismo” che induce taluni politici nostrani a scaldarsi per i diritti degli ultimi e dei deboli avendo dietro le spalle un bell’arazzo. Finché si leggono i dati riportati nei capitolati di gara. E allora si scopre come discriminazione e spreco viaggino a braccetto.
Nel 2016 ogni chiamata è costata 788 euro – Si legge, ad esempio, che nel 2015 il Contact Center dell’Unar ha gestito 2.235 chiamate delle quali 1.814 considerate poi “pertinenti”, 421 no ed erano errori di chiamata o magari richieste di prenotazione di viaggi o di lettura della bolletta. In ogni caso chiamate “non pertinenti”. Per un paese ad alto tasso d’insulti e intolleranza è un numero relativamente basso, segno che il “servizio” – forse – nel suo primo anno di vita e nonostante gli spot non ha ancora raggiunto l’auspicata diffusione e conoscenza tra la popolazione italiana. Ma andiamo avanti perché non è questo il punto. Nel 2016 le segnalazioni sono state 2.939 e 290 sono state giudicate dalla stessa Unar “non pertinenti”. Quelle effettivamente legate a episodi di discriminazione sono state grosso modo 2.600, il 64% relative a discriminazioni etnico-razziali, il 16,4% contro i disabili, l’8,5% di genere e quelle per età il 4,7. Numeri in aumento ma pur sempre bassi e soprattutto “cari” in rapporto ai costi del servizio: una chiamata ricevuta nel 2016 è costata 788,70 euro, 891,5 se si contano solo quelle “pertinenti”. Roba che il chiamante accorto potrebbe farsi lo scrupolo tra la tutela dalla discriminazione subita e dal costo che la denuncia ha genera per la collettività. C’è però un motivo se fare antidiscriminazione oggi costa tanto. Specie chi se si decide di comprare sul mercato – e non cercare nella stessa pubblica amministrazione – i servizi di hosting/manutenzione e tutto il gruppo di lavoro che ci sta dietro, composto da ben 12 persone scelte fuori dall’ambito pubblico tra cui il coordinatore, 5 operatori esperti (uno per ciascuna categoria e cioè etnico-razziale, 1 rom Sinti e Caminanti, 1 Lgbt, uno per età e disabilità), 4 mediatori culturali, un esperto statistico e un informatico, due giuristi, un addetto stampa. Che lavoramo tutti al quinto piano di via della Ferratella in Laterano, sede dell’Unar.
Operatori attivi 24 ore su 24? No, dalle 11 alle 14 – Si dirà che il razzismo non riposa e non va in vacanza, che il numero verde opera h24. Sbagliato: il capitolato tecnico precisa che il centralino multilingue gratuito (per chi chiama) “è attivo quotidianamente dalle 11 alle 14 con la presenza di un operatore” e, per la restante parte della giornata, dalle 8 alle 11 e dalle 14 alle 20, attraverso la segreteria telefonica. Ma come, si spendono quasi due milioni e mezzo di euro per una segreteria? Ma no che ci sono poi i servizi correlati di istruttoria, segnalazione alle autorità competenti, reportistica e comunicazione dei risultati nonché promozione dell’immagine dell’Ufficio. Con tanto di responsabile della comunicazione che nel curriculum richiesto deve sapere fare delle belle slide di presentazione, comunicati stampa, organizzare convegni, campagne informative, mostre e conferenze. Avendo poi cura di trasmettere “i contenuti di maggiore rilevanza agli uffici addetti alla gestione dei portali istituzionali afferenti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Cioè l’organismo politico mandatario del servizio per il classico “auto-spot”.
Ed è un doppione di Oscad – Tutto bello, se non si scoprisse anche che lo Stato fa esattamente lo stesso mestiere attraverso la sua articolazione interna, non con appalti esterni. Il nome ha poco appeal, ma nel 2010 il Ministero dell’Interno ha attivato addirittura un organismo di polizia dedicato al contrasto alla discriminazione che riceve – vedi il caso – le segnalazioni pertinenti del Contact Center dell’Unar. Si chiama Oscad che sta per Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori ed è un organismo interforze incardinato nella Direzione centrale della polizia criminale. Il prefetto Antonino Cufalo che lo presiede fa sapere che dalla sua istituzione al 30 aprile 2017 sono pervenute 1.936 segnalazioni riferibili alle diverse tipologie di discriminazione, di cui 945 per reati veri e propri. I numeri sono bassi anche perché i canali per la segnalazione si limitano a mail e fax (oscad@dcpc.interno.it – fax: 06 46542406 e 0646542407). Di fatto il centralino Unar ne è una duplicazione imbellettata e aggiornata. Forse bastava dare al servizio dello Stato un nome diverso dall’impronunciabile acronimo, qualche risorsa in più e un numero verde. Giusto per non discriminare il contribuente.