Nella vita potete nascere giusti o nascere sbagliati. Oppure nascere gay, che è un ibrido, ma quella è un’altra storia. Di solito nascete giusti se ogni parte di voi è perfettamente coerente con voi stessi: ad esempio se siete belli, magri, ricchi, felici. Oppure, per coerenza, se siete brutti, grassi, poveri, infelici. In entrambi i casi siete nel giusto.
Iniziate ad entrare nello sbagliato quando c’è qualcosa che non torna: ad esempio se siete belli e poveri, o brutti e buoni. Questi assiomi sono ciò che fa davvero soffrire la gente e mette profondamente in crisi il mondo. Come avviene, ad esempio, con quelli che sono nati qui, cresciuti qui, che però non sono di qui, anche essendo di qui. Che non sono immigrati perché non vengono da nessun posto, visto che sono nati qui. Però non sono neanche italiani perché sono diversi, geneticamente, dalla gente di qui. Perché i loro genitori si sono probabilmente persi i mondiali dell’82 ed i loro nonni non rimpiangono Mussolini.
Come fare, quindi, con un portatore sano di geni nigeriani, alto due metri e color pece, che però è nato a Roma, vive a Roma, parla romano manco fosse Verdone, e si sente italiano quanto Fedez, con l’attenuante di avere più gusto nei tatuaggi? Qualcuno dice di dargli la cittadinanza italiana, solo perché, di fatto, è italiano.
Ecco che cosa è lo IUS SOLI, la riforma proposta per dare la cittadinaza ai figli di stranieri che nascono in italia, dal latino “ius” cioè “diritto” e”soli” perché quando sono andati a votarla, in parlamento, si sono ritrovati “soli”, cioè non ci è andato nessuno ed è stato tutto rimandato.
Per me è una proposta sbagliata e dannosa. Perché se quelli che sono nati qui, cresciuti qui, che vivono qui e lavorano qui, vengono riconosciuti come italiani, cosa ci distinguerebbe, a quel punto, da loro? Nulla. E non va bene.
Noi siamo italiani, è una questione di razza genetica, e dobbiamo essere sempre superiori a qualcuno, in qualcosa, a prescindere. Fino a qualche anno fa lo eravamo rispetto al cibo, ma le patatine in busta firmate Carlo Cracco ci hanno fatto perdere questo primato, così come l’avvento di Gianluca Vacchi ha distrutto la nostra immagine di eleganza nel mondo.
Quindi, per tutelare l’ultimo baluardo della nostra identità, l’unica soluzione, che propongo qui in via ufficiale, è un test di italianità per ogni italiano-non-italiano che vuole diventare ufficialmente italiano, suddiviso in diverse prove che dimostrino che il richiedente ha in se’ le caratteristiche biologiche dell’italiano perfetto:
– Scarsa conoscenza della lingua italiana, soprattutto della differenza tra “ho” ed “o”, “a” e “ha” e dell’uso corretto di “piuttosto che”. Totale repulsione nei confronti di virgole e punteggiatura fatta eccezione per un amore spasmodico per i punti esclamativi.
– Competenze calcistiche tali da poter insultare a turno: Juventus, arbitri, allenatori, calciatori, fidanzate dei calciatori, sorelle dei calciatori, figlie dei calciatori, madri dei calciatori. Attenzione: tali competenze non devono mai superare la soglia oltre la quale, aldilà dell’insulto, si è anche capaci di colpire un pallone senza procurarsi una frattura scomposta.
– Generale diffidenza verso medici, farmaci, farmacie, aspirine, organizzazione mondiale della sanità, vaccini, scienza in toto e chiaro sospetto che la terra non sia tonda, come ci dicono, ma piatta.
– Forte legame con la tradizione cattolica soprattutto nei suoi risvolti culturali più evidenti, come la tendenza a non voler pagare le tasse.
– Estrema connotazione maschilista che permetta di additare qualunque essere di sesso femminile abbia ottenuto un qualche riconoscimento professionale come “pompinara“, associato ad una forte passione per il turismo sessuale minorile, di cui siamo campioni nel mondo.
– Utilizzo ricorrente della formula “non sono razzista ma”, seguita dall’espressione di un pensiero fortemente discriminatorio nei confronti di (in ordine): rom, immigrati, stranieri generici, cinesi, neri, calabresi.
– Volontà intrinseca di non esercitare, mai, il proprio diritto al voto, sostituendolo con l’espressione accesa ed incontrollata della propria indignazione su Facebook.
Qualunque figlio-di-immigrati-nato-in-Italia superasse questo test potrebbe quindi essere dichiarato a tutti gli effetti “Italiano”. Ricordiamoci che questo significherebbe godere degli innumerevoli privilegi garantiti dalla nostra cittadinanza: servizi pubblici impeccabili, servizio sanitario ineccepibile, tassazione equilibrata, stipendio medio più che soddisfacente, ma soprattutto possibilità di votare, scegliendo tra una vasta selezione top della migliore rappresentanza politica possibile.
Per questo dobbiamo evitare di distribuire ai figli di immigrati la cittadinanza gratis, come fosse una brioche della Caritas. Perché poi quelli votano, e potrebbero non votare bene. Ricordiamoci, la cittadinanza non è una brioche, è più simile ad un diritto: se usato da chi lo detiene può essere pericolosissimo. Citando le parole del massimo esperto di cittadinanza della storia: ““Gli Stati attuali, che pensano solo ad un onere finanziario, concedono la cittadinanza senza tenere in considerazione la razza. Essere cittadino è, e rimane, diverso dall’avere in sangue la razza nazionale.”
Parola di Adolf Hiltler.