Una riunione durata quasi due ore, a porte chiuse, tra le organizzazioni non governative impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e i funzionari del ministero dell’Interno. Al centro, il codice di condotta proposto dal Viminale alle Ong. Un codice “contro le leggi marittime in molti punti e non aderente alla convenzione di Ginevra”, tuona Sandra Hammamy, della ong Sea Watch. “Non vogliamo lasciare sola l’Italia e neppure la Grecia, ma non abbiamo intenzione di infrangere le leggi del mare. Se è quello che l’Italia sta proponendo, deve parlare con il Centro di coordinamento marittimo della Guardia costiera di Roma e soprattutto con gli altri paesi europei. Non con noi: stanno sbagliando destinatario, siamo l’ultima parte dell’intera catena. L’Italia si sta rivolgendo a noi perché non trova ascolto in Europa. Portiamo i migranti in Italia e non a Malta in Spagna e in Germania perché ce lo indica il centro di coordinamento marittimo”. Le organizzazioni non governative italiane non si sono fermate a parlare con i giornalisti al termine dell’incontro, che hanno definito “interlocutorio”. Medici Senza Frontiere ha confermato, in una nota inviata in serata, “la propria volontà di partecipare alla discussione con un approccio aperto e costruttivo”. “Abbiamo colto con favore gli sforzi volti a rafforzare la capacità di ricerca e soccorso (SAR) nel Mediterraneo”, dice Gabriele Eminente, direttore generale di MSF, “ma allo stesso tempo abbiamo espresso preoccupazione per alcuni elementi e ambiguità contenuti nel codice. Auspichiamo che inizi oggi un vero processo di consultazione e che i punti sollevati durante l’incontro siano presi nella dovuta considerazione, affinché qualunque codice proposto possa rappresentare il migliore strumento di collaborazione per salvare vite in mare”. L’appuntamento, per un nuovo incontro – non confermata la presenza del ministro Marco Minniti – è per venerdì prossimo.

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