L’inchiesta sul Mostro di Firenze è ancora aperta. Sotto l’attenzione degli investigatori c’è, infatti, un nuovo indagato: Giampiero Vigilanti. La notizia è riportata dall’agenzie di stampa, che hanno ripreso i giornali locali. Si tratta di un ex legionario, classe 1930, residente a Prato ed originario di Vicchio del Mugello (Firenze), che conosceva Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli, assolto in Appello e morto prima del nuovo processo di secondo grado ordinato dalla Cassazione. L’accusa, per lui, era quella di essere l’esecutore materiale dei delitti delle otto coppie di fidanzati commessi intorno Firenze fra il 1968 e il 1985, per i quali sono stati condannati in via definitiva Giancarlo Lotti e Mario Vanni, i cosiddetti compagni di merende, entrambi morti al pari del loro amico Fernando Pucci. Vigilanti non è un nome nuovo nelle carte dell’indagine. Già fu perquisito nel settembre del 1985, tre giorni prima della prima perquisizione a Pacciani.
La segnalazione di Vigilanti, all’epoca della perquisizione del 1985, arrivò da alcuni vicini che lo indicarono come possibile ‘mostro‘. Nella sua abitazione furono trovati alcuni ritagli di giornali sui delitti delle coppiette. Nove anni più tardi, nel 1994 , dopo una lite con un vicino di casa che minacciò, l’ex legionario fu perquisito una seconda volta e in casa i carabinieri gli trovarono 176 proiettili calibro 22 di marca Winchester serie H, gli stessi usati dal mostro di Firenze. Gli accertamenti non portarono a niente e Vigilanti venne scagionato. Due anni fa le indagini si sarebbero nuovamente concentrate su di lui e su alcuni suoi racconti.
L’ex legionario è residente a Prato ma è originario di Vicchio come Pietro Pacciani. In queste ore ha parlato davanti casa sua con la stampa e ha ammesso di conoscere il contadino. “Rubò il posto a mio padre – ha raccontato – Andai io a discutere con lui e gli diedi una bastonata sulla testa, ma Pacciani non mi ha mai denunciato”. L’ex legionario ha confermato gli interrogatori a cui è stato sottoposto: “Ma da questi non ci hanno ricavato niente, io sono innocente. Non ho paura di niente, non ho fatto nulla”. L’ex legionario è tornato anche sulle perquisizioni: “Ho sempre avuto quattro pistole: sono venuti da me – ha detto riferendosi agli inquirenti – e poi se ne sono andati, quindi vuol dire che sono in regola”.
Per gli 8 duplici omicidi, può aprirsi una nuova pista d’indagine, quella che porta alla “strategia della tensione“, ancora una volta. Secondo questa tesi, i delitti sarebbero stati commessi per distrarre i magistrati dall’attività eversiva dell’epoca. Stando a quanto trapelato, il pm che ha sempre indagato sui delitti del mostro, Paolo Canessa, ora procuratore capo a Pistoia, ha indagato l’ex legionario di 86 anni. L’inchiesta è condotta in collaborazione con il procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco. Vigilanti è stato sentito da Canessa più volte negli ultimi mesi. E, come lui stesso conferma nelle interviste video rilasciata nelle ultime ore, è stato condotto nei luoghi dove vennero uccise le coppiette.
La pista nera era già emersa 30 anni fa e poi ripresa dopo un esposto dell’avvocato Vieri Adirani, legale dei familiari di Nadine Mauriot, una delle vittime del mostro. Come riportano le ricostruzioni comparse oggi sulla stampa, proprio l’avvocato sostiene che i delitti cessarono nel 1985, proprio perché alcune perquisizioni “andarono nella giusta direzione”. Come quella nei confronti dell’ex legionario e del contadino di Mercatale. Una svolta silenziosa quella sull’inchiesta del mostro di Firenze, a distanza di quasi 50 anni dai primi omicidi. Il capo della Procura di Firenze Giuseppe Creazzo però smentisce “categoricamente che dalle indagini in corso siano emersi elementi di prova che colleghino i delitti del cosiddetto mostro di Firenze con possibili ambienti eversivi. I polveroni non fanno parte dello stile di questo ufficio, qualcuno evidentemente ha interesse a sollevarli, ma non è la Procura”. E ha aggiunto che si “indaga senza trascurare nessuna pista, ma procede su elementi che abbiano una loro concretezza e non su supposizioni più o meno suggestive”.