"Il nostro splendido bambino se n'è andato": questo il lapidario annuncio dato di Connie Yates e Chris Gard. Il bimbo era stato trasferito in un centro assistito per malati terminali su ordine del giudice Nicholas Francis perché i genitori, Connie Yates e Chris Gard, e l'ospedale, Great Ormond Street Hospital, dove era ricoverato non avevano raggiunto un accordo sulle ultime ore del paziente
È morto Charlie Gard il bimbo di 11 mesi affetto da una malattia genetica incurabile e per cui i genitori si sono battuti legalmente per permettergli di essere sottoposto a una cura sperimentale. “Il nostro splendido bambino se n’è andato” l’annuncio dato dai genitori. Il bimbo era stato trasferito in un centro assistito per malati terminali su ordine del giudice dell’Alta Corte Nicholas Francis perché i genitori, Connie Yates e Chris Gard, e l’ospedale, Great Ormond Street Hospital, dove era ricoverato non avevano raggiunto un accordo sulle ultime ore del paziente. Charlie,affetto dalla sindrome la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, era tenuto in vita da macchinari. “Siamo così orgogliosi di te, Charlie” ha aggiunto la mamma Connie Yates nel dare la notizia della sua morte.
Solo i macchinari, secondo l’amministrazione del Gosh, potevano garantire che Charlie fosse correttamente assistito oltre che mantenuto in vita nei suoi ultimi giorni, rendendo qualsiasi soluzione differente impraticabile oltre che un aggravio delle sofferenze patite dal bebè. Posizione inconciliabile con quella di Connie e Chris che, costretti ad accettare l’ineluttabilità del destino del loro bambino malato dopo che si è chiusa la finestra utile per cure sperimentali, hanno dovuto rinunciare anche al desiderio di averlo a casa nei suoi ultimi giorni di vita, per l’impossibilità di far entrare dalla porta della loro casa nel West End londinese le macchine di sostentamento.
L’ultima speranza, per la quale Connie e Chris hanno combattuto strenuamente, disperatamente fino a mezzogiorno (le 13 italiane) di giovedì era quella di disporre almeno di qualche giorno “di tranquillità” in un hospice dove poter dare l’addio a Charlie prima di rassegnarsi ad affidarlo “agli angeli”, “senza ospedali, giudici, avvocati, tribunali o giornalisti“. In preda all’emozione e al pianto, Connie stamani in aula è sbottata: “Mi sembra veramente pazzesco che dopo tutto quello che abbiamo passato ci venga ancora negato questo. E se fosse stato vostro figlio?”. L’ospedale ha continuato a obiettare e l’accordo non c’è stato. “Ci ha negato l’ultimo desiderio”, sono state le ultime parole sulla vicenda, prima che, come ordinato dallo stesso giudice Francis, calasse il sipario mediatico, a coprire le ultime ore di Charlie.
Il padre e la madre hanno chiesto per mesi che il piccolo fosse sottoposto a un trattamento sperimentale offerto dagli Stati Uniti e dal Bambin Gesù di Roma e si erano rivolti a giudici inglesi per evitare che fossero spenti i macchinari sin da aprile. Tutti i giudici investiti del caso, compresi quelli della Corte europea dei diritti umani, hanno dato ragione ai medici del Gosh. La mobilitazione mondiale per il bambino aveva spinto l’ospedale a chiedere nuova udienza. Ma le udienze, durante le quali è stato sentito il medico statunitense che offriva la cura, si sono concluse con l’ultimatum del giudice che chiedeva nuovi dati sulle condizioni di Charlie. Ma l’esito dei test e la visita del neurologo americano è stato che il bimbo, già sottoposto a morfina, aveva subito danni irreversibili e il trattamento sarebbe stato inutile.
Preghiera e vicinanza sono stati espressi da monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che a Radio Vaticana ha parlato della grandezza dell’amore di Dio che “non stacca la spina. Questa vicenda – ha detto – ci spinge a promuovere una cultura dell’accompagnamento”e “dire tre grandi no: quello all’eutanasia, all’abbandono e all’accanimento terapeutico“a favore di “grandi sì” come “l’accompagnamento, il progresso della scienza e il sì alla terapia del dolore”.