Nell’ultima settimana in Australia abbiamo assistito ad un filotto di dimissioni di prominenti politici, tutti colpevoli di avere una seconda cittadinanza oltre a quella australiana, condizione espressamente proibita dall’articolo 44 della Costituzione australiana. Prima è toccato al senatore dei Verdi Scott Ludlam, reo di essere nato in Nuova Zelanda ed essersi trasferito in Australia a 3 anni. Il senatore solo la settimana scorsa ha scoperto di avere comunque conservato la cittadinanza kiwi (a sua insaputa), in quanto non si era mai premurato di rinunciarvi.

Dopo di lui è toccato alla compagna di partito Larissa Waters, la cui storia ha quasi dell’incredibile: nata in Canada da genitori australiani, la senatrice rientrò in Australia quando aveva 11 mesi e tutta la sua famiglia era convinta che ella non avesse acquisito la cittadinanza canadese. I suoi genitori – al compiere del suo 21esimo anno – la informarono del suo diritto di richiedere la cittadinanza canadese, cosa che la signora Waters decise di non fare. Senza sapere che la cittadinanza le era stata concessa automaticamente in quanto in Canada vige lo ius soli.

Queste due storie – abbastanza surreali – fanno il baffo all’ultimo episodio della seria, che vede il nostro paese nel ruolo di protagonista. Matthew Canavan, parlamentare e ministro delle Risorse e dei Territori del Nord per il governo attuale, si è dimesso 3 giorni fa dopo aver scoperto di possedere la cittadinanza italiana. Il signor Canavan non ha mai messo piede in Italia e non spiaccica una parola della nostra lingua: l’iniziativa di richiedere la cittadinanza si deve alla sua premurosa mammina la quale – senza dire niente al pargolo – 11 anni fa decise di fare le pratiche presso il nostro consolato di Brisbane. All’epoca Canavan aveva 25 anni, e probabilmente la madre pensò che fosse ancora troppo giovane per essere consultato su tale questione.

L’articolo 44 della Costituzione australiana statuisce l’ineliggibilità alla carica di senatore e parlamentare per coloro che hanno la doppia cittadinanza, sulla premessa che tali individui potrebbero prendere ordini o agire per conto di governi stranieri (?!). Cosa che – nel caso di Canavan – sarebbe quantomeno improbabile visto che il ministro non sa neanche ordinare un caffè in italiano. Capite che in un paese dove – secondo gli ultimi dati statistici – il 28% della popolazione è nata all’estero, si tratta di una limitazione non da poco, contando che si parla di una nazione con poco meno di 25 milioni di persone.

Io sono tra quelli che firmerebbe domattina una proposta di legge per cui il primo ministro di un paese si dovrebbe scegliere con un concorso internazionale, per titoli e meriti. Potendo, offrirei a Tony Blair o Angela Merkel (indipendentemente dalla loro posizione politica, ma solo per il loro acume strategico e capacità di realizzare il loro programma) un contratto di 4 anni per governare il nostro paese, così come considererei di buon occhio la candidatura di manager di profilo internazionale che possano assicurare una governance basata su efficienza e produttività, invece che su alleanze a calcoli politici. Capite pertanto come mi senta a disagio a vedere quanto succede nel paese dove attualmente vivo, con una politica che costituisce la negazione di ciò in cui credo. E senza che nessuno chieda seriamente di aprire un dibattito sulla revisione della Costituzione, per adeguarla ai tempi moderni ed alla fine della Guerra Fredda.

Sempre lasciando da parte il credo politico, mi ricordo quanto mi inorgoglì – come italiano – la nomina a ministro di Cécile Kyenge, originaria della provincia congolese del Katanga e venuta in Italia in maggiore età per realizzare i suoi studi universitari. Questo è il futuro che vedo: un mondo senza confini e senza barriere, dove le persone si possono spostare liberamente e realizzare, nel paese dove vivono, i loro sogni e le loro aspirazioni professionali, siano essi in ambito imprenditoriale, accademico ed anche politico.

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