Alla presentazione del suo libro a Marina di Pietrasanta (Lucca) l'ex premier commenta le telefonate e gli sms in cui parlava al padre su come affrontare le notizie sull'inchiesta uscite da quattro giorni. Il segretario Pd insiste sul fatto che il padre, se riconosciuto colpevole, debba pagare ma al tempo stesso avverte: "La Procura sospetta la manomissione di atti che riguardavano il presidente del Consiglio. E questo è un atto eversivo. Ma hanno lasciato più tracce di Pollicino"
Matteo Renzi commenta gli ultimi sviluppi della vicenda Consip e a distanza di pochi mesi rievoca l’eversione. Dal caffè della Versiliana a Marina di Pietrasanta (Lucca) dove ha presentato il suo libro “Avanti” il segretario Pd parla a briglia sciolta di passato, presente e futuro del Paese ma tocca anche la vicenda giudiziaria che travolgendo l’imprenditore Alfredo Romeo ha poi visti indagati, tra gli altri, il ministro Luca Lotti e il padre dell’ex premier Tiziano. Renzi commenta anche le nuove intercettazioni tra lui e suo padre pubblicate da “il Fatto Quotidiano” in cui i due si confrontano aspramente e il figlio sembra mettere all’angolo il padre, con frasi lapidarie: “Papà, i tuoi amici fanno schifo”. In un sms al padre, probabilmente sapendo di essere intercettato, Renzi scrive di aver pensato di mollare per colpa delle indagini, cioè per colpa sua.
Pubblico e privato che tornano a mischiarsi anche dal palco della Versiliana: “Questa storia non finisce qui e non può oscurare la vera storia. Il punto è che la procura sospetta che ci sia stata la manomissione di atti che riguardavano il presidente del Consiglio. E quel presidente ero io. E questo è un atto eversivo. Ma hanno lasciato più tracce di Pollicino. Ma non mi fermeranno e non fermeranno il cambiamento”. E ancora: “Non so se tra qualche mese lui sarà archiviato per la seconda volta in vita sua. Mio padre non ha mai visto un giudice eppure è stato pedinato come un camorrista da una Procura che pare mettere microspie negli ulivi di casa mia. Verrebbe quasi da dire c’è da augurarsi che abbiano trovato qualcosa perché non so cosa accadrà quando dovesse essere archiviato. In tutte le intercettazioni pubblicate, sempre dallo stesso giornale, di penale non c’è nulla”.
“Abbiamo passato momenti non facili – dichiara ricordando le conversazioni con il padre sulla possibilità di un pranzo in una bettola a Roma – mi sono vergognato di dubitare di mio padre Ma per quale motivo l’Italia deve sapere di questa conversazione? Quanta violenza c’è in questa storia che per me non finisce qui. Questa storia non può oscurare la vera storia: non sono le intercettazioni né il concorso esterno in traffico d’influenza. Se mio padre è colpevole è giusto che paghi non ci sono distinzioni. Ma la storia non è questa”.