A chi ci governa è riuscita l’impresa di far pagare ai giovani il salvataggio delle vecchie province, quelle che dice di aver abolito. Nel decreto Mezzogiorno, anche se c’entra come i cavoli a merenda, c’è un articolo 15-quinques che autorizza per le “funzioni fondamentali” di province e città metropolitane un contributo pari a 100 milioni di euro. Soldi necessari, visto che gli “enti inutili” teoricamente aboliti nel 2014 (ddl Delrio) provvedono ancora a funzioni essenziali – strade, edilizia scolastica, verde pubblico, trasporti etc – ma allo stato larvale, causa tagli e smembramenti. Così, a distanza di tre anni, il governo deve intervenire per dar loro una boccata d’ossigeno e il punto è a chi toglierla. Qualche mente illuminata ha trovato la soluzione: prendere 90 milioni di residui della Carta Giovani, altrimenti detta “Bonus cultura”, e girarli tutti sulla ruota delle vecchie Province, così che siano i giovani a pagare il conto.
La Carta è stata introdotta dal governo Renzi con la legge di bilancio il 28 dicembre 2015, comma 979 con un valore nominale di 500 euro che ogni italiano divenuto maggiorenne nel 2016 avrebbe potuto spendere per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’acquisto di libri nonché per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali e spettacoli dal vivo. I detrattori subito accusarono Renzi di aver lanciato l’ennesima operazione elettorale, strizzando l’occhio a tutti quelli che acquisivano diritto di voto, proprio tutti perché l’agevolazione – al pari dell’Imu, degli 80 euro etc – non aveva limiti reddituali. Non a caso fu prevista una copertura di 290 milioni di euro. Il fatto è che a distanza di un anno – e appena rinnovata la misura per il 2017 – si scopre che l’operazione acchiappa-giovani è stata un mezzo flop: dove coprire una platea di 579.597 giovani nati nel 1998, ma si sono fatti avanti solo in 351.523, il 60% circa degli aventi diritto, per un controvalore – dato il valore nominale della Carta – pari a 175,7 milioni di euro.
Il legislatore accorto avrebbe indagato le ragioni del flop: perché mai quel sussidio pubblico destinato – cosa assai rara di per sé – ai giovanissimi non è stato prosciugato in un baleno, cosa ancor più rara in Italia? Procedure troppo complesse? Inefficacia delle campagne per promuoverlo? Avrebbe magari usato parte delle rimanenze per pubblicizzarlo meglio, così da garantire che ogni avente diritto potesse effettivamente goderne. E invece no, perché qualche zelante funzionario a caccia di risorse si ricorda che per la Carta Giovani 2016 sono stati liquidati finora solo 50 milioni e che a fronte delle (poche) domande ricevute l’operazione si chiuderà con una ulteriore spesa di 125,5. C’è dunque quel residuo di cassa da 115 milioni che diventa il tesoretto per salvare le provincie dal collasso. Così si arriva al citato articolo 15-quinques comma 3 del decreto per il Sud – ribattezzabile “salva-province” – che indica proprio nei residui della carta per i 18enni la copertura degli oneri derivanti dal contributo agli enti per totali 90 milioni (10 invece vengono attinti dal fondo per “esigenze indifferibili” istituito con legge di Stabilità 2015). E al capolavoro di far pagare ai giovani le vecchie province.
Caustici i detrattori del “bonus”, tra i tanti che lo avevano subito bollato come un flop. “Basta un solo articolo del Decreto sud per smascherare le menzogne del Pd sulla cancellazione delle Province e sulle misure a favore dei giovani. Prima hanno detto di aver cancellato questi enti locali ma ora devono continuare a cercare i soldi per farli funzionare. Poi hanno raccontato di voler aiutare i ragazzi, ma poi vanno a prendere i soldi che erano destinati a loro per far funzionare le province che ancora esistono”. Affermano ad esempio i deputati di Alternativa Libera, Massimo Artini e Tancredi Turco. E la storia potrebbe presto ripetersi.
L’ultima legge di bilancio ha infatti confermato il bonus per chi è nato nel 1999 e compie 18 anni quest’anno mettendo sul piatto altri 290 milioni di euro. Rispetto alla precedente versione, il nuovo bonus estende la possibilità di spesa all’acquisto di musica registrata, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. Difficile che basti questo a colmare la scarsa adesione riscontrata finora dal beneficio, mentre è assai probabile che anche l’anno prossimo si assisterà alla variazione di un fondo (tra i pochissimi) spacciato per i giovani che viene sottoutilizzato e finisce per essere poi dirottato a finanziare tutt’altro.