Non è che la lezione che il repubblicano John McCain, eroe di guerra del Vietnam, ha dato a Trump la scorsa notte di giovedì 27 luglio sia sufficiente a garantire che l’immobiliarista-biscazziere seduto alla Casa Bianca capisca l’errore che ha fatto, per se stesso e per l’America, nella sua rincorsa a conquistare la Casa Bianca.
Con la sua tecnica, perfezionata in anni di addestramento a infinocchiare la gente, è riuscito a trovare la chiave di accesso alla dimora più importante del globo. Ma adesso deve dimostrare quello che vale per davvero, e non è cosa facile.
Ora non ha più frotte di adulatori a rassicurarlo che nessuno è bravo come lui. Ora deve misurarsi con autentici manager di Stato costretti, per rispetto all’Istituzione, a fingere di riverire quell’insuperabile borioso che è riuscito nella sua impresa sfruttando la sua più evoluta e consolidata capacità tecnica: quella di ingannare la gente con promesse populiste e con dichiarazioni di stampo razzista.
Prima le sue menzogne avevano lo scopo di far soldi. Ci è riuscito benissimo! Strada facendo ha inciampato in qualche fallimento, ma in quel campo (il finanziario) è quasi una medaglia d’onore passarci e uscirne senza perdere troppi soldi. Senza contare che, per chi ha molte attività, le perdite in una attività generano detrazioni fiscali nel complesso del dovuto al fisco. Infatti lui ha mostrato al pubblico solo le dichiarazioni che convenivano a lui.
Per chi non si è mai accontentato di sentire le sue chiacchiere da fanfarone (di nome e di fatto giacché in inglese “trumpet” è la trombetta) poteva essere già un buon biglietto da visita come presentazione al suo ingresso in politica. Ma, si sa, la gente ama farsi prendere in giro da questi narratori di favole per creduloni perché, in fondo, sono molto bravi ad accendere speranze che, per molti “poveracci” sono anche necessarie a “tirare avanti”.
Ricordo qualche anno fa quando è venuto a Dallas a tenere un convegno di due giorni, accompagnato da Powell e altri personaggi pubblici di alto livello, per lanciare alcuni dei suoi “miracoli finanziari” che avrebbero consentito a chiunque avesse seguito alla lettera i suoi consigli di arricchire in poco tempo.
Lui ha dimostrato, conquistando la Casa Bianca, che non è solo bravissimo, ma è proprio insuperabile. Solo nella superbia però.
Le sue disavventure rasentano ormai il ridicolo.
Ora che i repubblicani detengono tutto il potere negli Usa controllando a maggioranza entrambi i rami del Congresso, e con Trump la Casa Bianca, i “benpensanti” che li hanno votati erano certi che finalmente avrebbero presto portato a casa quelle sonanti vittorie che “l’odiato” Obama impediva da anni di conseguire. Parlavano di politica, ma erano semplici tifosi. Discutevano di diritti e conquiste sociali come si fa per le partite delle squadre sportive. Adesso che al Senato hanno preso per la terza volta consecutiva una tremenda scoppola da chi fa vera politica e non stupido tifo, gridano addirittura al tradimento. Eppure io l’avevo già previsto fin dal giorno della sua elezione che sarebbe arrivato il tempo in cui il suo stesso partito gli avrebbe impedito di prendere le decisioni maggiormente controverse verso l’elettorato.
John McCain è stato un eroe vero a rompere il ghiaccio, lui ha fatto quello che qualunque politico di qualunque “colore” dovrebbe fare sempre: gli interessi dei suoi elettori! Sono stati pochi, ma onesti, i repubblicani che, andando contro le direttive del loro partito, hanno votato contro a una legge che avrebbe privato diverse milioni di cittadini americani del diritto ad essere curati anche in avanzata età senza essere buttati fuori dalla copertura assicurativa quando la loro cura fosse diventata troppo costosa.
“Health care is still in danger” (La sanità è ancora in pericolo) dice il premio Nobel economia Paul Krugman, ma un passo importante per conservarla a milioni di americani che ne avevano appena assaporato il diritto è ora stato fatto grazie a questi pochi.
Non è però finita qui, come dice Eugene Robinson sul Washington Post: “The worst is yet to come” (il peggio deve ancora venire), perché quelli come Trump non si danno facilmente per vinti. Loro credono davvero che la “pozione magica” che ha consentito di raggiungere l’importante traguardo sia ripetibile sempre. Invece un conto è turlupinare qualche migliaio di investitori per volta con le mirabolanti promesse di ricchezza fatte con visite mirate in grandi città dove l’evento è sostanzialmente locale, altra cosa è conquistare una vetta come la Casa Bianca dove tutto il mondo vede contemporaneamente e tutti possono ricordare come sono finite quelle promesse.
La democrazia americana è ora condannata ad attraversare un campo minato. In un periodo di cambiamenti immensi e di tempi velocissimi, gli Usa sono costretti a marcare il passo per almeno quattro anni. Non finirà senza perdite ingenti questo passo falso dell’elettorato americano. E nemmeno lui ne uscirà vincitore, perché lui sperava di passare alla storia come il presidente che aveva ridato grandezza alla sua America (America First!). La sta affondando!
Il suo periodo alla Casa Bianca, lo dicono già in molti, sarà ricordato come il peggiore di tutta la storia della democrazia americana.