Niente espulsione per gli immigrati irregolari colpiti da sanzione amministrativa come alternativa alla detenzione se hanno una grave disabilità per la quale, in patria, non riceveranno la stessa assistenza che hanno in Italia. Lo ha deciso la Cassazione bloccando il rimpatrio di un magrebino, da 30 anni nel nostro Paese, amputato della gamba sinistra e assistito dall’Inps. I supremi giudici osservano che sebbene la legge non preveda questa deroga, i principi umanitari impongono di valutare caso per caso le categorie “vulnerabili”.

Nella loro decisione, i supremi giudici – come riporta l’Ansa – rilevano che la grave disabilità motoria invocata da Mokaadi Lofti Ben Dhaouadi per rimanere in Italia, non rientra nel diritto “alle cure urgenti o essenziali” per le quali la Bossi-Fini consente la permanenza anche per gli ‘irregolari’. Tuttavia, secondo la Cassazione, una interpretazione delle norme costituzionalmente orientata non consente espulsioni che ledono quel “nucleo irriducibile” del diritto alla salute garantito dall’articolo 32 della Costituzione. Valutando i ricorsi di persone immigrate senza documenti e disabili, contro i rimpatri forzati, occorre valutare “caso per caso” tenendo presente le disposizioni “di carattere umanitario in materia di categorie cosiddette ‘vulnerabili'” contenute nella Bossi-Fini da considerare come un elenco non esaustivo al quale si devono affiancare i principi della Corte dei diritti umani.

La vicenda ora sarà rivalutata dal Tribunale di sorveglianza di Perugia che con ordinanza del 23 giugno 2016 aveva rigettato l’opposizione di Mokaadi contro il decreto emesso nel marzo 2016 che ordinava la sua espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione ai sensi dell’art. 16, comma 5 del d.lgs n.286 del 1998. Senza successo il magrebino – un uomo di 50 anni – oltre alle condizioni di salute ha fatto presente di dover rimanere in Italia perché ha in corso procedimenti civili e penali, come parte lesa, per il grave incidente che ha subito. Questo aspetto non ha avuto peso dal momento che la presenza di Mokaadi in Italia non è necessaria ai fini processuali perché basta il suo avvocato.

Per i supremi giudici, il via libera al rimpatrio di questo uomo, pur prendendo atto che “se privato nel suo paese, come prevedibile in assenza di una legislazione a tutela dei disabili, del presidio sanitario di una protesi o di una carrozzina non potrà più essere in grado di far fronte alle minime esigenze di vita” fonda la sua decisione “sul presupposto che la disabilità non rientra tra le condizioni che il legislatore ha posto a fondamento del divieto di espulsione”. Secondo l’alta Corte, “non può ritenersi corretta l’affermazione della rigida tassatività delle ipotesi ostative all’espulsione”. Occorre adattare le norme ai principi Cedu e della Consulta che ritengono che il rimpatrio a forza “pronunciato nei confronti di persona irregolarmente soggiornante nello Stato non possa essere eseguito quando dall’esecuzione derivi un irreparabile pregiudizio per la salute dell’individuo”. Si riparte da qui.

 

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