Ho letto il post di Michelle Hunziker e mi spiace che se la siano presa con lei per il fatto di non corrispondere allo stereotipo di donna che in modo credibile possa parlare del proprio corpo e rivendicare un disagio/agio da condividere con il mondo. Non ho la particolare esigenza di aggredire la donna di successo per attirare l’attenzione di altre donne che sono sempre lì pronte ad azzerare la visione dei disagi altrui e a dire che ce l’hanno più lunga: la ciccia, la rabbia, la mancanza di autostima, l’insicurezza.
Lo so perché sulla pagina di Abbatto i Muri lo stiamo sperimentando ogni giorno e da parecchio tempo, per la testarda proposizione della campagna Body Liberation Front che è una sfida al bullismo, al cyberbullismo, alla cattiveria, alla perfidia, a tutto quel che c’è di malvagio nel momento in cui si pratica il Body Shaming.
E’ una campagna in cui si parla di autoaccettazione, di sofferenza, di dolore, del rapporto di dipendenza anestetizzante con il cibo, di disturbi alimentari, depressione, autolesionismo. E’ una campagna che parla anche di donne/persone/madri che si prendono il diritto di rivendicare la volontà di piacersi dopo un parto. Al di là della retorica dominante, dell’esaltazione del materno, delle frasi ad effetto tipo “hai donato la vita”, “tuo figlio ti ripagherà di tutto questo”, “il tuo corpo ha dato alla luce…”, e via di questo passo, a ricordare a queste donne che non hanno diritto di piacersi, di esigere attenzione dopo il parto, attenzione per la propria psiche, per il proprio equilibrio corpo/mente.
Queste madri ricordano di essere persone e attraverso esse comprendiamo come la sanità pubblica abbandoni le donne dopo che hanno partorito, considerandole al pari di macchine da riproduzione e considerando una sorta di capriccio, dunque nulla mai di gratuito, il desiderio di migliorarsi fisicamente. Ricordano che non si tratta solo di sessismo, di stereotipi, di incapacità di ascolto, di ruoli imposti, dell’impossibilità di sovvertirli per reinterpretare anche la maternità in modo autonomo. Descrivono la voglia di vedersi belle, di piacersi, e chiedono attenzione.
Allora chiederei alla Hunziker di darci una mano a far capire al governo, per esempio, quello stesso governo che parla di mamme per la patria, di piano di fertilità, di Dipartimento Mamme, che va imposta la gratuità di trattamenti che rendano una madre felice di riscoprirsi desiderante/desiderabile. Piacersi. Non si tratta di questioni di superficie ma di motivi che affondano le radici su una totale trascuratezza dell’intervento in favore di una madre e della delega, a lei, di tutto quel che è trattamento estetico, chirurgia ricostruttiva, addominoplastica. Cose che reputano necessarie e che costano tantissimo. La chirurgia che toglie la pelle in eccesso è offerta (non sempre e spesso con tanto ritardo) dalla pubblica sanità per chi dimagrisce di tantissimi chili. Perché non può essere gratuita anche per le donne che hanno partorito e che intendono avvalersene?
Ma vi sono molti altri esempi di assenza di ascolto di donne che non stanno bene con se stesse. L’imposizione di stereotipi sessisti, la diffusione di una cultura che pone il corpo della donna al centro di polemiche e ingiurie, valutazioni estetiche e deprezzamenti, l’assenza di ottimi servizi di assistenza psicologica gratuita, perché lo psicologo costa e quello che offre il servizio sanitario spesso non garantisce continuità e non sempre è specializzato o si occupa di disturbi alimentari. L’esistenza di pochissimi centri ospedalieri che gratuitamente forniscono attenzione a questo genere di disagi trascurati da chi ancora ritiene che siano capricci di donne superficiali, “pippe mentali” le hanno chiamate. C’è tanto che manca: esenzione per disturbi alimentari che risparmino alle donne/ragazze una spesa enorme per l’acquisto di farmaci che vengono prescritti dallo/dalla psichiatra. Day hospital che restituiscano ritmi di vita e modi di nutrirsi equilibrati. Terapie e molto altro che certamente i medici che se ne occupano già, tentando di affrontare da soli o quasi l’emergenza, tengono in conto.
A parte questo, per continuare con la descrizione della campagna e ragionare del perché Michelle Hunziker sia stata assalita in quel modo, le donne che hanno aderito al #BodyLiberationFront hanno tollerato, sulla propria pelle, lo sfottò di pagine Facebook armate di squadroni di assalto sessisti e misogini, gente che spronava e galvanizzava i fan a scoraggiare le donne che si mostravano. Donne messe alla gogna, i loro corpi usati per riderne e continuare in un meccanismo crudele di esclusione e discriminazione sessista di chi non interpreta la norma estetica imposta.
Tante donne che orgogliosamente hanno resistito e molte altre che le hanno incoraggiate a continuare, a non sentirsi in colpa, a non vergognarsi di nulla. E’ successo di tutto fintanto che le donne, le foto, le loro storie regalate con una generosità incredibile, non hanno superato di gran lunga la media di commenti di gente irrimediabilmente cattiva. Foto e storie che hanno incoraggiato altre a tornare a fare un bagno al mare, a non nascondersi, a comprare e indossare un paio di shorts, ad attuare una resistenza liberatoria attraverso corpi liberati.
Ed eccoci arrivate a cattivo pubblico di Michelle Hunziker. Sulla pagina di Abbatto i Muri altre persone hanno espresso pareri negativi, incattiviti, livorosi, ostili, contro quelle che si dicevano a disagio con il proprio corpo pur corrispondendo all’immagine estetica dominante. In questo caso molte (soprattutto) donne hanno espresso commenti orribili. Non si coglie il fatto che il disagio prescinde da quello che altre persone vedono. Tutte hanno diritto di esporre e condividere il proprio dolore e non solo quelle che a primo acchitto sembrerebbero legittimate a raccontarlo.
Donne che hanno reagito alla (presunta) perfezione di altre scandendo parole come “esibizionista“, “narcisista“, “non può stare in questa campagna”, “troppo bella e ci offende”. Una delle donne che è stata lapidata e crocifissa ha risposto temerariamente a tutte. Ha dato una lezione importante a tutte noi. Ci ha insegnato che vivono di stereotipi sessisti anche quelle che dovrebbero essere empatiche, in ascolto nei confronti di altre persone che soffrono. Invece alcune sono talmente concentrate su se stesse che non riescono a vedere altro se non la proiezione di sé in ogni racconto.
Allora forse questo c’entra con gli insulti che ha ricevuto Michelle Hunziker – troppo bella per “lamentarsi”? – e vorrei dirle che non ha fatto nulla di sbagliato. Vedersi in un certo modo prescinde da quel che altr* vedono. Questo è quello che dovremmo imparare tutt*.