Il gup nelle motivazioni della condanna all'ergastolo di Vincenzo Paduano indica il movente dell'omicidio nel "rifiuto della ragazza di subire ancora la presenza dell'ex nella sua vita e, quindi, la conseguente perdita del dominio"
Un rapporto di potere che non doveva interrompersi. Nelle motivazioni della condanna di Vincenzo Paduano per l’omicidio Sara Di Pietrantonio il giudice mette in fila il meccanismo perverso che ha portato all’uccisione dell’ex fidanzata la notte tra il 28 e il 29 maggio 2016. La studentessa romana, strangolata e data alle fiamme sulla Magliana è stata punita dal suo ex per essersi ribellata al suo dominio. Lo scrive il gup di Roma Gaspare Sturzo che il 5 maggio scorso ha condannato all’ergastolo, con rito abbreviato, il vigilantes per aver ucciso la 22enne. Nelle oltre 70 pagine di motivazioni si legge che Sara è stata uccisa perché “si rifiutava di riconoscere il ruolo di padrone della sua vita in Vincenzo Paduano”.
Pedinata, perseguitata con telefonate e visite inaspettate Sara ha avuto solo la colpa di aver chiuso la storia con Vincenzo e di aver voltato pagina. Secondo il gup la fine del rapporto sentimentale della coppia aveva scatenato un desiderio di possesso in Paduano che sconfinava nella persecuzione. Il ragazzo “esigeva rispetto da Sara, pretendendo che lei continuasse a chiamarlo, a scambiare con lui messaggi, visite, riferendogli che cosa facesse e con chi si vedesse, imponendo quindi la sua ingombrante presenza”. Una presenza violenta e minacciosa nella vita della studentessa che dopo la fine della relazione con Vincenzo aveva cominciato una nuova storia d’amore. Proprio il desiderio della giovane di rifarsi una vita senza il suo ex lo avrebbe spinto a perseguitarla prima e ucciderla poi.
Per il gup Sturzo, il “rifiuto di Sara di subire ancora la presenza di Paduano nella sua vita e, quindi, la conseguente perdita del dominio fino allora da questi esercitato sulla ragazza sono il movente del delitto e sono elementi che rappresentano al tempo stesso un indice della spregevolezza del fatto quale motivo abietto”. “Il pedinamento di Sara – si legge nelle motivazioni alla sentenza di condanna – non solo telematico (attraverso ripetuti accessi su Facebook e whatsapp e la geolocalizzazione del cellulare), ma anche fisico, non è un dato occasionale, ma una costante dei profili della condotta illecita di Paduano”.
“Ti rovino la vita a te e a lui! Tu devi soffrire come stai facendo soffrire me” scriveva Vincenza Paduano. La premeditazione, secondo il giudice, risulta evidente in questo messaggio inviato a Sara pochi giorni prima dell’omicidio. Prima del delitto inoltre aveva preparato due diverse bottiglie piene di alcol per danneggiare sia l’auto di Sara, sia quella del ragazzo. Su Facebook poco prima dell’assassinio l’omicida scrisse: “Quando il marcio è radicato nel profondo, ci vuole una rivoluzione, tabula rasa. Diluvio universale”. “Non si può negare che il dolo di Paduano sia stato della massima potenza – scrive il giudice – manifestando aspetti di vera e propria crudeltà verso Sara”.