L’inchiesta della Procura di Trapani che oggi ha portato al sequestro della nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet nasce a marzo di quest’anno dalle dichiarazioni di due operatori della Vos Hestia, imbarcazione di un’altra organizzazione non governativa, Save The Children. I due operatori, sentiti dai magistrati, hanno segnalato alcune anomalie che sarebbero accadute nel 2016 nella fase iniziale del soccorso in mare dei migranti. La Iuventa, a dire dei due, si avvicinerebbe troppo alle coste “fornendo supporto logistico agli scafisti”.

“Durante un soccorso datato 10 settembre 2016 – ha spiegato uno dei due operatori ai pm – abbiamo notato che durante un trasbordo dalla Iuventa alla nostra nave di 140 migranti soccorsi da quella imbarcazione, si allontanava un gommone dirigendosi verso le coste libiche con a bordo solo due uomini di colore. Questa circostanza ci faceva ritenere che l’equipaggio della Iuventa avesse trasbordato i 140 migranti dal gommone che prima del nostro arrivo faceva rientro sulla costa con a bordo gli scafisti”. Della circostanza venne informato l’Aise. Stessa cosa sarebbe accaduta il 14 febbraio 2016. Il secondo operatore della ong ha raccontato ai magistrati che durante le operazioni di soccorso “un legno di sei metri, con due persone di colore a bordo, si sarebbe allontanato dalla Iuventa verso le coste libiche a forte velocità”.

L’operatore di Save the Children: “Personale della Iuventa restituiva i gommoni agli scafisti” – “La più temeraria era sicuramente la Iuventa che, da quello che ho potuto vedere sul radar, avendo io accesso al ponte, arrivava anche a 13 miglia dalle coste libiche, circostanza anche pericolosa. La Iuventa, che è un’ imbarcazione piccola e vetusta, fungeva da ‘piattaforma’ ed era sempre necessario l’intervento di una nave più grande sulla quale trasbordare i migranti soccorsi dal piccolo natante…”. E’ il racconto delle presunte irregolarità nelle operazioni di soccorso commesse dalla Iuventa fatto ai pm da un operatore di Save the Children. “La stranezza la vedevamo nel fatto che il personale della Iuventa, dopo aver fatto salire i migranti a bordo – prosegue il racconto – restituiva i gommoni ad altri soggetti che stazionavano nella zona dei soccorsi a bordo di piccole imbarcazioni di vetroresina o legno. Voglio sottolineare che, normalmente, non si restituiscono i gommoni ma questi devono essere tagliati e affondati dopo aver prelevato i migranti, per evitare che vengano riutilizzati dai trafficanti”.

La Procura indaga su altri due episodi – Ci sono altri due episodi al centro delle attenzioni della Procura. Il primo risale al 18 giugno scorso ed è avvenuto in in acque internazionali: componenti dell’equipaggio della stessa Iuventa – scrive il gip – “dopo aver partecipato alle operazioni di soccorso dei migranti provenienti delle acque territoriali libiche a bordo di tre imbarcazioni, riconsegnavano, dopo averle legate tra loro, le suddette imbarcazioni ai trafficanti libici“. Una delle tre imbarcazioni – contrassegnata con le lettere “KK” – “veniva poi riutilizzata in un altro fenomeno migratorio” otto giorni dopo, il 26 giugno.

Sempre il 18 giugno scorso, poche ore più tardi, infine, il terzo episodio all’attenzione dei magistrati trapanesi: componenti dell’equipaggio della motonave Iuventa – scrive il gip nel provvedimento di sequestro, “dapprima si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Iuventa (mentre i trafficanti libici si dirigevano nuovamente verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti libici che questa volta scortavano un’imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave Iuventa“. Al termine delle operazioni, “i trafficanti – conclude il giudice – prelevavano dall’imbarcazione utilizzata dai migranti il motore e facevano ritorno in acque libiche”.

“Non aiutiamo i magistrati, non diamo fotografie” – “Allora noi ci predisponiamo prima che sia tutto pulito e in ogni caso non diamo alcuna fotografia dove in qualche modo si possano vedere persone che potrebbero venire identificate, non c’è motivo, a questo non non contribuiamo”. Lo dicono, intercettati, alcuni membri  dell’equipaggio della nave sequestrata. Al momento, ha spiegato il procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio, i volontari della ong non sono indagati e l’idea degli inquirenti è che agissero per scopi umanitari.

Non sapendo di essere intercettati i membri dell’equipaggio della Iuventa dicevano che non intendevano dare alle autorità italiane “fotografie generali” dei salvataggi in mare e che volevano prepararsi per sapere “quello che si può e non si può fare” con esperti “di diritto marittimo, penale e internazionale”, da cui prendere anche un “feedback su quello che possiamo dire alle autorità”. Il personale della ong, poi, si lascia andare a considerazioni sulle operazioni di salvataggio: “Se oggi affondi una o due barche – dicono – domani non arrivano più”. “Non capisco la questione di dover appoggiare le indagini – prosegue uno di loro – questo non è (il nostro) compito, non ha a che fare con il salvataggio in mare e se tu fai delle foto e le metti a disposizione allora appoggi questo”.

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