Il National Intelligence Service (Nis), l’agenzia investigativa sudcoreana, non interferirà mai più con la politica interna dello Stato. Questa è la promessa del nuovo direttore dell’organismo, Suh Hoon, all’indomani dalle rivelazioni sul ruolo dei servizi segreti nelle elezioni del 2012, vinte da Park Geun-hye, l’ex inquilina della Casa Blu, che ora rischia l’ergastolo per corruzione. Gli esperti di guerra psicologica di Seul – solitamente impegnati nella costante contropropaganda contro la Corea del Nord – hanno favorito, su ammissione della stessa agenzia investigativa, la vittoria di misura del blocco conservatore sui liberali alle presidenziali del 2012. Un’indagine interna al Nis ha infatti rivelato influenze illecite nella campagna elettorale del 2012 che vide contrapposti la stessa Park all’attuale presidente Moon Jae-in eletto a maggio di quest’anno. Ad essere incriminati sono circa 120mila commenti diffusi online da agenti del Nis attraverso 175 account Twitter e 117 forum online.
L’unità di sicurezza informatica del Nis si sarebbe servita di una trentina di team “extra-dipartimentali” formati da funzionari dell’agenzia e cittadini con abilità informatiche per creare e postare contenuti a sostegno del campo conservatore e diffamatori nei confronti dell’attuale presidente Moon, allora candidato liberale alla presidenza della Corea del Sud. “Queste squadre – si legge nel rapporto di fine indagine del Nis – avevano avuto l’ordine di diffondere (via Internet) prese di posizione a favore del governo e di sopprimere visioni opposte, etichettandole come tentativi delle forze pro-Pyongyang di interferire con gli affari interni di Seul”.
Ma le interferenze dei servizi nella vita politica sudcoreana non si sarebbero limitate a questo. Politici dell’opposizione – e quindi lo stesso Moon – sono stati sottoposti a intercettazioni utili a condurre quella che oggi appare come una “campagna elettorale clandestina” per favorire l’ex presidente Park. Inoltre, poco prima della tornata elettorale di agosto 2012, che portò all’elezione della prima presidente donna della Corea del Sud, i servizi d’intelligence avevano cercato di favorire la vittoria dei conservatori alle elezioni parlamentari dello stesso.
Lo scorso febbraio l’ex direttore del Nis, Won Sei-hoon, l’uomo che avrebbe coordinato le operazioni, è stato condannato dall’Alta Corte di Seul a tre anni di carcere dopo aver ricevuto una conversione della pena da due anni di carcere a quattro di servizi sociali nel 2014. L’uomo, che ha diretto l’agenzia investigativa dal 2009 al 2013, è accusato di violazioni alla legge elettorale per aver mancato al proprio dovere di neutralità nei confronti dei candidati presidenziali. Le ultime rivelazioni sugli abusi dei servizi segreti nazionali, scrive il giornale britannico Guardian, sono destinate ad amplificare la rabbia e la sfiducia del popolo sudcoreano nei confronti della classe dirigente del paese.
A seguito delle rivelazioni sul giro di “donazioni” che ha coinvolto tra gli altri, Park, la sua confidente Choi Soon-sil, e i vertici della Samsung, in un clima reso teso anche dalle numerose manifestazioni di piazza contro il governo, a dicembre del 2016 il parlamento aveva votato a favore della destituzione dell’ex presidente sudcoreana. A maggio di quest’anno una nuova tornata elettorale ha portato al governo Moon, ex attivista studentesco incarcerato per motivi politici negli anni ’70, quando al governo di Seul c’era il padre di Park, il generale Park Chung-hee.
La riforma dei servizi segreti è uno dei punti del programma politico del presidente Moon. Eletto con la piattaforma riformista, il suo esecutivo ha anche dichiarato il proprio impegno per la distensione dei rapporti con la Corea del Nord. Sul fronte interno, ha promesso di riformare gli influenti conglomerati industriali e finanziari – come Samsung e Hyundai – e porre un freno alle diseguaglianze sociali emerse nel corso del boom economico tra gli anni ’70 e ’90. In particolare, Moon ha promesso di porre un freno alla disoccupazione giovanile. La percentuale degli under 30 in cerca di lavoro è oggi al 10%, massimo storico dal dopoguerra.