La questione delle droghe è complessa. Riguarda la salute psico-fisica delle persone, la condizione giovanile, il welfare, il fisco. Purtroppo viene invece trattata in modo monolitico, come se fosse solo ed esclusivamente una questione criminale e di polizia. La pubblicazione della Relazione annuale del governo sullo stato delle tossicodipendenze in Italia anche quest’anno non pare finalizzata a un cambio di paradigma nelle politiche pubbliche. Siamo oramai a fine legislatura e, nonostante gli obblighi di legge, ancora una volta il governo non ha convocato la conferenza annuale sulle droghe. Sarebbe stata un’occasione utile per discutere francamente e proficuamente con tutti gli attori del sistema, compresi quelli che spingono ragionevolmente verso scelte di depenalizzazione, legalizzazione della cannabis, riduzione del danno.
Alcuni numeri possono ben spiegare come il consumo, seppur molto diversificato nelle sue modalità di assunzione, sia comunque un fenomeno di massa, che non può essere trattato con la semplificazione tipica dello strumento repressivo. Fra i ragazzi in età scolare, almeno uno su quattro nell’ultimo anno ha fatto uso di cannabis, più di uno su dieci ha fatto uso di Spice (cannabis sintetica), uno su ventotto di nuove sostanze psicoattive, uno su quaranta di cocaina, uno su centro di eroina. Complessivamente, circa 640mila tra adolescenti e ragazzi ha, almeno una volta negli ultimi 12 mesi, fatto uso di una droga. Se guardiamo alla popolazione in generale, si stima che tra consumatori abituali e occasionali il numero arrivi addirittura a quattro milioni di persone, di cui la gran parte fumatori di canne.
Più del 90% dei sequestri, leggiamo ancora nella Relazione, ha riguardato hashish e marijuana. Il 31,1% dei detenuti è in carcere solo o anche per avere violato la legge sulle droghe. Aumentano, rispetto allo scorso anno, le persone segnalate all’autorità giudiziaria e ai Prefetti.
Se questo è il quadro numerico e questo è il trend, abbiamo il dovere di prenderne atto e trattare il tema pragmaticamente. Ciò al fine di assicurare benessere, in particolare per le nuove generazioni. Non possiamo e non dobbiamo buttare i nostri figli nelle mani dei pusher, considerandoli alla stregua di criminali. I nostri figli vanno ascoltati, aiutati. Rileggiamoci i lungimiranti scritti sul tema di Pierpaolo Pasolini o di Marco Pannella. Invece di limitarsi a reprimere penalmente, va spiegato ai ragazzi che bisogna sempre essere individui e pensare con la propria testa. Non ci si deve rovinare la vita inseguendo mode. Va detto loro che l’alterazione chimica e il fumo fanno male nell’età dello sviluppo. Che è meglio mettere energia e passione in battaglie di civiltà piuttosto che nell’organizzare acquisti da mercanti di vario tipo.
È anche nostro compito spingere affinché si lasci la strada perdente della repressione e si intraprenda quella saggia della legalizzazione. Quest’ultima consente di adottare politiche di riduzione del danno, di sapere cosa c’è nella sostanza acquistata, di conoscere dove vanno a finire i soldi e di investirli nella prevenzione sociale. Il disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis è finito su un binario morto, nonostante autorevoli esponenti del mondo della magistratura siano convinti che sarebbe una bella risposta al potere delle mafie. Chissà se in prossimità del voto qualcuno nel Parlamento si renderà conto che la legalizzazione della cannabis non è un tema che fa perdere voti.