Che cosa c’è di peggio di una centrale nucleare? Una centrale nucleare galleggiante. Una specie di incubo che ha preso forma in Russia. Dopo 13 anni di lavori – a dispetto dei cinque inizialmente preventivati – scandali, rinvii e qualche milione di dollari di costi extra, qualche mese fa la “Akademik Lomonosov”, una Floating nuclear power plant (Fnpp: centrale nucleare galleggiante) si è palesata ai cittadini di San Pietroburgo.
Cinque milioni di persone si son trovati nel porto principale del Paese, sul delta della Neva, quello che praticamente è un pontone con due reattori KLT-40 alimentati a uranio, da 70 megawatt ciascuno. Qui, a due chilometri dal centro, secondo l’azienda nucleare di Stato Rosatom erano previsti l’accensione e i primi test del FNPP. Una prospettiva che ha allarmato i cittadini, costringendo la stessa Rosatom a intervenire per rassicurare tutti sulla non pericolosità dell’impianto.
Purtroppo, però, il 5 giugno scorso la “Akademic Lomonosov” ha preso fuoco, con conseguente allarme tra la cittadinanza. Greenpeace ha subito lanciato una petizione contro questo impianto, raccogliendo ben 11mila firme. Un risultato eccezionale per essere in Russia, cui si aggiungono le proteste dei Paesi scandinavi – Norvegia e Finlandia in primis – che hanno preso posizione contro il pontone nucleare che, per raggiungere la sua destinazione (Pevek, in Kamchatka), dovrebbe passare vicino alle loro coste. Alla fine, Rosatom ha ceduto: il Fnpp sarà trainato fino a Murmansk. Qui, nello stesso porto dove fu tenuta in stato d’arresto la nave di Greenpeace Arctic Sunrise, saranno accesi i due reattori. Il cui futuro è però sempre più incerto.
Ma a che serve quest’impianto? In teoria, a fornire energia in “aree remote”, ovviamente in aree marine o costiere. Il nome della centrale nucleare galleggiante la dice lunga sull’idea che c’è sotto. Michail Vasil’evič Lomonosov è stato un genio del XVIII secolo, considerato in patria (giustamente) un po’ come il nostro Leonardo Da Vinci. Eclettico osservatore della natura, fu il primo a teorizzare tra l’altro l’esistenza di un continente antartico – da dove potevano venire quegli iceberg? –, la natura organica del petrolio e organizzò anche una spedizione alla ricerca del famoso passaggio a nord-est, lungo le coste settentrionali della Siberia. Troppo presto: solo adesso, col cambiamento climatico, quel passaggio è praticabile. Ma il nome di Lomonosov entrò di diritto nella storia dell’esplorazione dell’Artico. Oggi, la “Dorsale Lomonosov” è una cresta montuosa che passa sotto il Polo Nord, che la Russia rivendica fino al punto da piantarci sopra la bandiera nazionale (con un sottomarino nucleare, nell’agosto del 2007).
Insomma, l’idea è di produrre questi mostriciattoli galleggianti e disperderli lungo le coste artiche, e non solo in Russia. D’altra parte, anche in Canada si progettavano – altra chimera – centrali nucleari per produrre energia in aree remote ed alimentare i progetti di estrazione delle sabbie bituminose (tar sands). Rosatom ha quindi fiutato l’affare, senza però tenere in considerazione un fattore: la Legge del Mare non prevede l’esistenza di Fnpp.
C’è il precedente della NH-1° “Sturgiss”: una nave trasformata dagli Stati Uniti in centrale nucleare (10 megawatt) e utilizzata per fornire energia, dal 1968 al 1975, alle strutture del Canale di Panama, all’epoca sotto controllo statunitense. Ma la Sturgiss era comunque una nave, mentre questo Fnpp non ha una propulsione autonoma, deve essere trainato da rimorchiatori. Una categoria inesistente nel Diritto del Mare.
Non ci sono norme, regole, nulla. E quindi questi oggetti non dovrebbero circolare: le dichiarazioni di Finlandia e Norvegia sono piuttosto esplicite al riguardo. E se gli Fnpp non possono circolare, potrebbe diventare complicato esportarli. E inutile, visto che con le rinnovabili si può fornire energia a luoghi remoti con costi e rischi assai inferiori.