I lavoratori della società metalmeccanica avevano deciso di scioperare per il mancato pagamento delle mensilità. Era previsto un incontro con i sindacati per cercare di arrivare a un accordo. L'uomo nella lettera di addio spiega che la banca non gli avrebbe più fatto credito
Due pagine: a queste G. B., imprenditore umbro di 61 anni, ha affidato le sue ultime parole, prima di togliersi la vita. Le banche non gli davano più credito, non lo aiutavano più a pagare gli stipendi dei suoi operai e dei fornitori. Una lettera che racconta tutta la disperazione dopo il dissesto economico che ha colpito l’azienda a cui era a capo, la Cobem di Umbertide, che l’uomo non è riuscito a sopportare. Poi un appello rivolto all’avvocato di famiglia, perché si prenda cura della moglie e dei suoi due figli.
A fare la scoperta all’interno di un magazzino della fabbrica, impegnata nel settore dell’automotive, e a trovare il corpo dell’imprenditore privo di vita è stato un dipendente, arrivato sul posto di lavoro nella prima mattinata di ieri, 3 agosto. Proprio poche ore dopo, intorno alle 11, i dipendenti, in sciopero da 24 ore per il mancato pagamento degli stipendi, avrebbero dovuto incontrare l’imprenditore, insieme alle sigle sindacali. Pare che l’uomo, sposato e con due figli impiegati nell’azienda, si fosse impegnato a cercare di pagare alcune mensilità, soprattutto a quei dipendenti pronti a partire per le ferie estive. Ma non ce l’avrebbe fatta. Nulla hanno potuto fare i sanitari del 118. Gli agenti del commissariato di Città di Castello hanno preso in carico il caso, acquisendo quanto necessario e tutti gli elementi sul luogo della tragedia, inclusa la lettera scritta dall’imprenditore che racconta una storia atroce e durissima di una crisi che continua a mordere soprattutto i medi e piccoli imprenditori. I funerali dell’uomo si sono svolti nel pomeriggio del 4 agosto, nella parrocchia di Cristo Risorto.
A Umbertide, cittadina nell’Alta Valle del Tevere, in provincia di Perugia, lo conoscevano in tanti: 30 anni fa, dopo essere stato licenziato da operaio da un’importante azienda del territorio per via del taglio del personale, era riuscito a riprendersi e a creare il suo piccolo impero. Insieme alla Cobem, aveva dato vita ad altre quattro aziende, di cui una a Jesi, nelle Marche. Impiegati in fabbrica erano in 135, molti dei quali stranieri. Da tempo navigava però in brutte acque: la situazione si protraeva da diversi anni, l’imprenditore si era rivolto alle banche per estinguere i suoi debiti e far quadrare i bilanci. Non riusciva a rispettare le scadenze, i conti non tornavano e le banche si erano irrigidite.
In una nota ufficiale del Comune, il sindaco di Umbertide Marco Locchi ha scritto: “Ha subito destato grande sconcerto e preoccupazione in tutta la città, sia per le circostanze drammatiche che hanno indotto l’imprenditore a compiere l’estremo gesto, sia per le condizioni dei lavoratori che da tempo non percepivano più regolare stipendio”.
Lunedì 7 agosto si aprirà un altro capitolo della vicenda: i lavoratori dell’azienda e le organizzazioni sindacali hanno deciso di autoconvocarsi e si incontreranno alle 16 all’interno del Centro socio-culturale San Francesco per discutere di quanto accaduto e del destino della fabbrica.