La Rete che si occupa delle migrazioni sotto l’egida del Consiglio episcopale latinoamericano parla di "una diaspora senza precedenti" verso Colombia, Ecuador, Cile e Perù. Padre Francesco Bortignon a Radio Vaticana: "Fuggono da fame, insicurezza e gruppi armati. Situazione invivibile legata all'elezione della Costituente". In Colombia sono 210mila i venezuelani irregolari
In fuga verso Colombia, Ecuador, Cile, Perù. Mentre il Paese è dilaniato dallo scontro tra l’Assemblea Costituente voluta da Nicolàs Maduro e i sostenitori del Parlamento, migliaia di venezuelani si stanno riversando negli stati confinanti, in quella che è stata definita “una diaspora senza precedenti” dalla Rete che si occupa delle migrazioni sotto l’egida del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Lo racconta a Radio vaticana padre Francesco Bortignon, parroco a Cucuta, nel nord della Colombia, sul confine venezuelano. Dal Paese si fugge, spiega il religioso, “per motivi di fame e di insicurezza politica, per le ondate di estrema violenza da parte di gruppi armati, che sono praticamente paramilitari appoggiati dallo Stato venezuelano”. “Una situazione invivibile – aggiunge – legata in particolare all’elezione dell’Assemblea Costituente“.
La rotta più diffusa è quella che passa dal ponte di San Antonio, il collegamento tra il Venezuela e appunto la città colombiana di Cucuta, lungo una frontiera che si estende per più di 2mila chilometri. Le cifre diffuse dalle autorità colombiane parlano di una media di 50mila persone al giorno che attraversano il ponte, ma in entrambe le direzioni. Secondo l’agenzia venezuelana Efe, la maggior parte di loro va in Colombia in cerca di cibo o medicine, ma ci sono molti che attraversano il confine per cercare una nuova vita al di fuori del Venezuela e fuggire dall’oppressione causata dalla crisi istituzionale del Paese. E’ del 28 luglio infatti la notizia, diffusa dall’Ufficio migrazioni della Colombia, che almeno 210mila venezuelani si trovano in territorio colombiano: per loro il governo di Bogotà sta pensando a un permesso speciale di residenza, valido due anni, che gli permetterà di lavorare legalmente ed iscriversi nei programmi di assistenza sociale del Paese.
Padre Bortignon, da 21 anni missionario in Colombia, riporta la sua testimonianza ai microfoni dell’emittente pontificia: “La situazione alla frontiera è veramente difficile. E’ degenerata già due anni fa con una vera e propria ‘deportazione‘ dei colombiani che vivevano in Venezuela. Poi è iniziata l’emigrazione degli stessi venezuelani”. Il Centro per le migrazioni gestito dai vescovi non ha “cifre esatte” per questi ultimi sei mesi, specifica il religioso, ma “da quando recentemente hanno riaperto il ponte di San Antonio (che era stato chiuso dal governo nel 2015), ogni giorno è stato attraversato da 25mila, anche 30mila persone“.
Anche se le stime sono difficili, dal 1999 – anno dell’arrivo al potere di Hugo Chavez – in circa 2 milioni di persone hanno detto addio al Venezuela. Il sospetto degli analisti sudamericani è che la situazioni sia ora in peggioramento, dopo aver registrato l’arrivo di quasi un migliaio di venezuelani ogni settimana anche a Buenos Aires. La capitale dell’Argentina dista da Caracas ben 7.500 chilometri (quasi Roma-Pechino), se si decide di percorre in bus la rotta lungo il versante andino.