Sono in corso di notifica altre delibere che porteranno il totale a oltre 2,7 milioni. A Pierluigi Boschi, ex vicepresidente, in questa prima tranche vengono chiesti 40mila euro. L'accusa è di violazione del Testo unico della finanza nelle parti che impongono agli intermediari, quando vendono strumenti finanziari, di fornire un prospetto che informi su tutti i rischi
Due mesi fa l’ufficio sanzioni amministrative, nella sua relazione, aveva proposto multe per un totale di oltre 2,6 milioni di euro. Ora la Consob ha preso le sue decisioni: una prima delibera firmata la scorsa settimana sancisce che gli ex vertici di banca Etruria dovranno pagare un totale complessivo di 910mila euro. L’ex vicepresidente Pierluigi Boschi dovrà sborsarne 40mila come altre 21 persone, mentre all’ex presidente Giuseppe Fornasari e all’ex direttore generale Luca Bronchi vengono chiesti 70mila a testa. Altre deliberazioni, in corso di notifica agli interessati, faranno però triplicare la cifra e anche il conto presentato al padre dell’allora ministro e attuale sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena.
L’accusa dell’autorità, riporta Repubblica, è di aver violato i commi dell’articolo 94 del Testo unico della finanza che impongono agli intermediari, quando vendono strumenti finanziari al pubblico, di fornire un prospetto “facilmente analizzabile e comprensibile” che informi il risparmiatore di tutti i rischi. Al contrario l’istituto aretino, secondo Consob, diede ai clienti intenzionati a comprare obbligazioni una informativa “tranquillizzante e piena di lacune” che non rispecchiava la situazione della banca.
L’articolo 94 del Tuf prevede che gli investitori siano messi in grado di “pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti”. Sempre con questa finalità, “qualunque fatto nuovo significativo, errore materiale o imprecisione relativi alle informazioni contenute nel prospetto”, se emerge in un momento successivo, “deve essere menzionato in un supplemento del prospetto”. Al contrario, l’Etruria secondo Consob non raccontò la verità. E la difesa degli ex membri del cda, secondo cui la responsabilità fu dell’allora direttore generale, non regge perché “il potere-dovere di controllo sull’altrui agire continua ad essere un obbligo degli amministratori deleganti”.
Di conseguenza “si ritiene che la responsabilità per l’omessa rappresentazione all’interno della documentazione d’offerta dei rilievi formulati da Banca d’Italia“, che aveva evidenziato la “inerzia” dei vertici rispetto a criticità come la “fragile situazione di liquidità“, “vada ascritta a tutti i membri del cda i quali hanno contribuito alla consumazione dell’illecito”. Di qui la sanzione, che è la terza nei confronti degli ex consiglieri dell’istituto aretino dopo quelle comminate da Bankitalia nel 2014 (tra cui una da 144mila euro a Pier Luigi Boschi) e nel 2016. Nonostante i rilievi di Bankitalia, dal novembre 2012 al maggio 2014 il cda di Banca Etruria non rimodulò la rischiosità dei bond dell’istituto “abdicando con ciò ai propri doveri di diligenza e correttezza nei confronti della clientela”, scrive la Consob nell’atto con cui vengono notificate le sanzioni agli ex vertici della banca.
Consob ricorda che, in due lettere del 24 luglio 2012 e del 3 dicembre 2013, Bankitalia aveva segnalato all’istituto aretino una serie di problemi relativi sia alla situazione patrimoniale che al management. “Da un punto di vista operativo l’eventuale tempestivo innalzamento della rischiosità dei titoli di propria emissione in seguito alle prime evidenze di deterioramento della situazione aziendale avrebbe potuto determinare un significativo impatto nella valutazione di adeguatezza delle operazioni disposte dalla clientela”, sottolinea l’authority.
Lo scorso novembre l’ex presidente di Banca Etruria Fornasari, l’ex direttore generale Bronchi e il direttore centrale Davide Canestri sono stati assolti dall’accusa di ostacolo alla vigilanza. Secondo il gup di Arezzo la banca fornì tutta la documentazione e gli elementi utili per valutare correttamente la contestata operazione di spin-off immobiliare relativa a Palazzo della Fonte, per cui via Nazionale avrebbe avuto tutti gli elementi per bloccare l’operazione prima cheandasse in porto.