L’azione di responsabilità per la gestione di Fondiaria-Sai nell’era Ligresti è tutta una questione di amicizie. Ci sono quelli che hanno santi in paradiso e per questo non vanno toccati. E poi ci sono quelli che invece possono essere chiamati in causa indipendentemente da ruoli e colpe. Lo riferisce La Stampa, riprendendo due documenti, presentati dall’ex amministratore delegato di Fonsai, Cosimo Rucellai e da Umberto Bocchino, per un breve periodo nel cda della controllata Milano Assicurazioni. Nelle due memorie, depositate nelle settimane scorse nel procedimento civile in corso a Milano, emergono, infatti, dettagli inediti sul modus operandi dei gestori dell’azione di responsabilità, partita nel marzo del 2013 e ancora in alto mare. Anche a dispetto del fatto che per l’acquirente di Fonsai, Unipol, la partita può valere fino a 245 milioni.
Nel dettaglio, a rivelare come funzionavano le cose sono una serie di intercettazioni, raccolte nel corso dell’inchiesta torinese sul dissesto della compagnia, fra il commissario ad acta del gruppo Fondiaria-Sai, Mario Bussoletti, e il legale incaricato di seguire l’azione di responsabilità contro gli ex amministratori e manager del gruppo in passato in mano ai Ligresti, Matteo Caratozzolo. “Qui stiamo facendo le cose con il criterio opposto a quello normale. Il criterio è: prima fai l’istruttoria e poi prendi le decisioni e invece stiamo lavorando, purtroppo, al contrario”, scrive La Stampa riferendo una conversazione fra l’avvocato Bussoletti a Caratozzolo datata 13 marzo del 2013. È il giorno antecedente l’assemblea della società che, con l’appoggio determinante di Unipol, voterà a favore dell’azione di responsabilità a carico di una ventina di persone, tra le quali i Ligresti. In ballo, secondo l’assemblea, ci sono 245 milioni di risarcimento danni che, eventualmente, incasserà Unipol, subentrata a Fonsai nell’azione risarcitoria.
Tuttavia, “nei commenti all’azione promossa da Caratozzolo e intercettati dalla Guardia di Finanza, come riferisce Rucellai nella sua memoria depositata lo scorso 8 maggio, si fanno vari riferimenti a personaggi ‘protetti’ da tenere fuori dalle richieste di risarcimenti – prosegue il giornale torinese -. Mancano, scrivono ancora i legali di Rucellai, i nomi di figure molto vicine alla famiglia Ligresti, come Carlo d’Urso – che sedeva nei cda sia di Fonsai che della holding Premafin – o Massimo Pini. Mentre a Emanuele Erbetta, numero due per anni del gruppo assicurativo, viene mossa tra mille cautele solo una contestazione minore”. Proprio di quest’ultimo, parla Caratozzolo con il capo dell’ufficio legale del gruppo assicurativo, Riccardo Quagliana, il 2 marzo: “Erbetta noi lo abbiamo… Cioè non solo Erbetta, abbiamo studiato un sistema obiettivo di presenze nei cda, per cui Erbetta e altri sono rimasti fuori. C’è solo una piccola cosa per la quale non abbiamo potuto fare a meno di coinvolgerlo, la sponsorizzazione a Laità“.
Sempre Quagliana il 5 febbraio precedente, dopo il cda che ha dato all’ok all’azione di responsabilità, viene intercettato mentre parla con Piergiorgio Peluso, figlio dell’ex ministro della giustizia Annamaria Cancellieri e all’epoca manager Fondiaria prima di passare in Telecom Italia. Come riferisce il quotidiano torinese, Quagliana si dice mortificato per non aver potuto fare di più per Erbetta: “Mi spiace – dichiara – perché per Emanuele (Erbetta, ndr.) io al commissario (Caratozzolo, ndr.) gli ho fatto davvero tanta pressione. Cioè, ovviamente lecita e tutto, però a Emanuele sono riuscito a tenerlo fuori, d’Urso sono riuscito a tenerlo fuori”. Carratozzolo invece, l’8 marzo, si preoccupa piuttosto dell’attenzione dei media sull’azione di responsabilità e propone ad un suo collaboratore una sorta di azione comunicativa diversiva: “Scusami Ermanno, giochiamoci la notizia che il bilancio di Ata Hotel (la società del gruppo alla quale facevano capo gli alberghi, ndr.) come hai sentito ieri, è in profondo rosso, che la società è in stato prefallimentare”. “Adesso verifico – è la replica – sto correggendo i verbali di ieri. Verifico che l’abbiamo scritto, sennò ce lo scrivo io”.
In tutta la vicenda, non è però chiaro però quale sia il motivo di tanta attenzione nei confronti di Erbetta con cui Caratozzolo ha un incontro riservato in un hotel milanese, a ridosso della decisione del cda sull’azione di responsabilità. Ma “dopo l’incontro Erbetta è prodigo di ringraziamenti nei confronti di Caratozzolo”. Per le sue responsabilità responsabilità, Erbetta patteggerà poi una condanna a tre anni nel procedimento penale. Più fortuna avranno gli altri protagonisti della storia: “Quagliana, lasciata Fonsai, diventa capo del legale di Monte dei Paschi. Mentre Caratozzolo – che dopo sei mesi da commissario deve chiedere al suo consulente quale fosse il ruolo di Jonella Ligresti nel gruppo – nel 2014 viene nominato presidente del collegio sindacale di Eni dove resta fino al marzo scorso”.