Tempo, notorietà e attualità. Ma anche interesse e ruolo pubblico. Queste sono le coordinate da incrociare per farsi dimenticare su internet. Parola del Garante della privacy italiano. Per il diritto all’oblio, infatti, non conta soltanto il tempo, che di sicuro è “l’elemento più importante”. Bisogna considerare anche il ruolo pubblico svolto dalla persona interessata e l’attualità della notizia. Così come è stato precisato dalla giurisprudenza comunitaria e dal Gruppo dei garanti europei.
La puntualizzazione arriva a margine del ricorso di un alto funzionario pubblico che chiedeva la rimozione di alcuni url dai risultati ottenuti digitando il proprio nome su Google. In particolare, la richiesta era di eliminare alcuni articoli relativi a una vicenda giudiziaria in cui la persona era stata coinvolta. La sentenza di condanna risaliva a 16 anni fa. Nel frattempo l’interessato era stato riabilitato e da qui la richiesta di “ripulire” il suo nome in Rete dalle googlate.
L’Autorità guidata da Antonello Soro – come scrive nella newsletter dell’8 agosto – ha ordinato a Big G di deindicizzare l’url che rinviava all’unico articolo dedicato direttamente alla notizia della condanna penale della persona che all’epoca ricopriva un ruolo diverso da quello attuale. Articolo scritto “nell’imminenza dei fatti”. Secondo il Garante in base al tempo trascorso e alla luce della riabilitazione, la notizia non è più rispondente alla situazione attuale. Anche perché il ricorrente “all’epoca ricopriva un ruolo diverso da quello attualmente svolto”.
Al contrario gli altri articoli, pur richiamando la stessa vicenda giudiziaria, sono più completi e posso restare nell’indicizzazione. In questi risultati era ripresa la notizia “originaria riproponendola in occasione dell’assunzione di un importante incarico da parte dell’interessato”. Secondo il Garante i testi che “inseriscono la notizia in un contesto informativo più ampio, all’interno del quale sono fornite anche ulteriori informazioni” legate al ruolo istituzionale attualmente ricoperto sono di indubbio interesse pubblico “anche in ragione del ruolo nella vita pubblica rivestito dal ricorrente, che ricopre incarichi istituzionali di alto livello”.
Inoltre il Garante ha chiesto di prendere in esame tutti i risultati di ricerca ottenuti a partire dal nome e cognome dell’interessato. Anche quelli associati ad ulteriori specificazioni, come il ruolo ricoperto o la circostanza della condanna. Questa interpretazione, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di Google, è in linea con la sentenza “Google Spain”, nella quale si afferma che le istanze di deindicizzazione devono essere prese in considerazione per tutti gli url raggiungibili effettuando una ricerca “a partire dal nome”.
“È un’applicazione quasi ovvia del principio generale, ma è sempre bene ribadirlo – dice l’avvocato Caterina Malavenda -. Un articolo molto datato che riporta una condanna va eliminato, ma se il personaggio diventa pubblico e ricopre un ruolo pubblico tutti gli altri articoli che lo riguardano non vanno eliminati perché contestualizzano nel presente il passato. Il principio è che la notizia datata deve essere eliminata, ma se la persona oggetto dell’articolo sale su un palcoscenico pubblico il passato diventa rilevante e l’interesse pubblico prevale. Ad esempio un politico condannato in passato per droga, che si candida con una campagna contro le droghe leggere, non può invocare il diritto all’oblio”.