La terra intorno a Strudà, a pochi chilometri a sud di Lecce, è arsa dal sole. Caldo e umidità d’agosto imperano: non piove da oltre 90 giorni. Il Salento lotta ancora con un batterio e una malattia che sta lentamente uccidendo gli ulivi secolari e millenari che scandiscono il paesaggio con le loro chiome un tempo floride – ma anche un’intera filiera: quella dell’olio. “Nel Salento ci sono 318 tra frantoi e cooperative”, racconta a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Brillante, direttore della Coldiretti di Lecce. “Abbiamo chiesto alla Regione un intervento per abbattere almeno gli interessi dei mutui che sono stati già accesi. L’impegno di rivedere il piano di sviluppo rurale di questa zona – dedicando risorse specifiche all’olivicoltura affetta da Xylella – è già formalizzato”. La giunta regionale pugliese ha in effetti appena stanziato cinque milioni di euro per la creazione di un fondo di rotazione che agevoli le imprese colpite dal batterio e per consentire a chi ne fa richiesta un allungamento della durata dei mutui accesi.
La Xylella “è stata diagnosticata ufficialmente qui nel Salento a ottobre 2013“, racconta Brillante. “Una malattia conosciuta anche in California. E se la cura non l’hanno trovata ancora nemmeno negli Stati Uniti….”. Oltreoceano il batterio colpisce la vite, “gli americani hanno un territorio enorme, e hanno spostato la vite da un’altra parte. Purtroppo invece qui in Italia ha attecchito su una pianta che non è trasportabile, l’ulivo”. E di ulivi secolari, dice Coldiretti, nel solo Salento ce ne sono oltre 500mila.
I danni? “La nostra produzione sarà dimezzata come ormai ogni anno, passando dai 45mila quintali a 20mila”, racconta Michele Doria, presidente dell’Oleificio S. Anna della vicina Vernole. Una cooperativa con più di mille soci che portano qui le loro olive da quasi tutto il Salento ma anche dal brindisino, specializzata nella produzione dell’altissima qualità: “Dop, biologico e prodotti che sono concorrenziali a livello mondiale, da Myanmar alla Germania“, racconta Doria. “La produzione di olio risentirà della siccità imperante e della Xylella”, conferma Brillante”.
La cura, per il momento, non c’è, e tante sono state le polemiche fino ad oggi. “Per fortuna adesso i ricercatori stanno lavorando insieme. Noi chiediamo ancora di più: che il Salento venga considerato un vero e proprio laboratorio a cielo aperto”. Nel frattempo, “un tentativo ci sta dando speranza: l’innesto“. Una tecnica vecchia come il mondo: “I ricercatori hanno individuato le due varietà resistenti che sono il “leccino” e la “favolosa”. Rami di queste varietà vengono innestati sul tronco dell’albero ammalato. La speranza è che si riformi così una nuova chioma e che pianta e tronco si salvino”.
Già, perché non si tratta di alberi qualunque: potrebbero raccontare di quando da qui è passato Virgilio (“nell’Eneide descrive il porto di Roca”, a meno di dieci chilometri da qui), o di quando l’imperatore Ottaviano si è fatto vedere da queste parti. Gli ulivi millenari potrebbero raccontare dei gesuiti che vivevano qui alla masseria Visciglito, all’entrata della piccola Strudà: un luogo oggi abbandonato e depredato, ma di cui le prime testimonianze scritte risalgono addirittura al 1100. “Ce ne sono almeno quattro che hanno oltre duemila anni”, spiega Doria. Coldiretti ha dato loro dei nomi che provengono dalle forme particolari assunte dai tronchi – sinuose, attorcigliate, mastodontiche: il Re, la Regina (donata simbolicamente a Michelle Obama quattro anni fa), il Faraone, il Leone, la Maschera, la Cascata. Forme che hanno fatto commuovere letteralmente l’attrice premio Oscar Hellen Mirren (cittadina salentina ad honorem che ormai vive qui per la maggior parte dell’anno, nella sua masseria cinquecentesca a Tiggiano), che nei giorni scorsi ha visitato questa masseria storica insieme a Coldiretti. E ha lanciato un appello a Hollywood e ai suoi colleghi: “Adottate questi ulivi millenari“.
L’attrice britannica si è fatta portavoce anche di un’altra richiesta, questa volta all’Europa: quella di abolire il divieto di reimpianto in vigore. “A settembre le istituzioni europee dovrebbero prendere una decisione”, spiega Giuseppe Brillante. “Questo divieto, lo abbiamo detto più volte, è un’assurdità ed è inutile, date le condizioni del territorio e la diffusione della malattia. Non serve a nulla”.