Cinque milioni di euro a Trenitalia e 3,6 milioni all’Atac: sono queste le sanzioni pecuniarie inflitte dall’Antitrust dopo quanto accaduto recentemente. Entrambe le aziende pagano errori decisamente evitabili: da un lato Ferrovie dello Stato negli ultimi anni ha proposto ai passeggeri delle biglietterie automatiche, del sito e dell’app, esclusivamente Frecce Rosse, Bianche o Argento, ossia le soluzioni più costose; dall’altro, l’azienda di trasporti della Capitale, dal 2010 a oggi, si è resa colpevole per aver soppresso treni senza avvertire gli utenti e senza alcuna giustificazione tecnica.
Le sanzioni dell’Antitrust hanno il merito di evidenziare comportamenti scorretti e lesivi dei diritti dei consumatori che altrimenti non sarebbero mai stati stigmatizzati. D’altro canto però, evidenziano anche l’assenza di controllo dei regolatori pubblici (il Comune di Roma sull’Atac e il ministero dei Trasporti su Trenitalia) verso aziende che svolgono per conto loro servizi pubblici di trasporto, in questi casi sia di ferrovie locali che di lunga distanza.
Questi interventi dell’Antitrust non solo hanno il merito di aver “pizzicato” due grandi aziende, ma fanno anche capire quanti e quali problemi ci sono dietro la gestione dell’Atac o di Trenitalia, la prima sull’orlo del tracollo, la seconda cresciuta con le Frecce Rosse ed Argento, ma danneggiando notevolmente il trasporto pendolare. Non deve stupire l’entità delle due sanzioni pecuniarie: le due aziende hanno infatti dei super fatturati (900 milioni Atac e 500 milioni Trenitalia) e le multe corrispondono a meno di una donazione del 5 x mille.
In più va ricordato che le pene sono comminate molto tempo dopo le scorrettezze commesse dalle aziende, spesso durate per anni, e che le stesse vengono messe sul conto dei disastrati bilanci dell’azienda di trasporti della Capitale e del meno disastrato, ma costoso bilancio di Trenitalia: sostanzialmente è sempre pantalone a pagare queste sanzioni, tanto da renderle dei “pannicelli caldi”.
Ma non finisce qui: visto che a pagare sono delle aziende pubbliche, si possono considerare, a conti fatti, delle partite di giro del debito pubblico che vanno ad incidere sempre sui conti pubblici come le proprietà delle aziende in questione. Insomma, sarebbe tutta un’altra storia se a pagare di tasca propria fossero i manager delle aziende, responsabili delle irregolarità che hanno danneggiato i viaggiatori.