ROSA CANDIDA – Audur Ava Olafsdottir (Einaudi)
Arnljòtur, che tutti chiamano Lobbi, ha ventidue anni, un padre anziano e vedovo che lo vorrebbe laureato, un gemello autistico e buono. Vive in Islanda, ha nel sangue e nell’anima la cura per piante, fiori e ortaggi, ma anche un po’ di normale confusione in testa per il suo futuro. Lascia tutto senza patemi e parte verso l’Europa viaggiando per strade e città fino ad un monastero dove pianterà e cercherà di far crescere i germogli di rosa candida ereditati dalla mamma che non c’è più. In attesa dell’arrivo della piccola Flora Sol, la figlia di pochi mesi avuta in una casuale notte d’amore con Anna. Non immaginatevi nessuna tragica elucubrazione esistenziale, onanistica o minimalista; anzi, preparatevi ad un racconto paradossalmente tanto lento nello scorrere del tempo e degli accadimenti quanto agilissimo nella forma. Lotti è debole, incerto, delicato e dolce. Attorno a lui non incombe mai l’ansia di una fine o di un dramma, bensì la staticità di una nuova scelta e di una nuova vita che verrà. Bello e intenso fino alla commozione, il romanzo della signora Olafsdottir va letto tutto d’un fiato all’ombra di un pino marittimo o sull’erba di un prato alpino. Rallenta il battito cardiaco ed è come un balsamo per corpo e spirito.