“Avremo più energia, ma più energia vuol dire inquinamento? Stavolta no, ce ne sarà di meno. E siamo qui per parlarne”. E’ una delle pubblicità pagate dalla succursale italiana della multinazionale Tap, il gasdotto adriatico, sui giornali e più in generale sui media. La Tap è una grande opera finanziata dalla Banca europea degli investimenti per condurre il gas naturale del Mar Caspio (Azerbaijan in testa) in tutta Europa. L’approdo italiano è nel bellissimo Salento, tanto bello da dover essere ferito da questa… opera moderna. La modernità degli appalti e del gas contro l’antichità dell’agricoltura, del turismo, dell’ambiente.
Capite che non c’è partita: chi se ne frega del mondo antico quando il moderno avanza! Già, avanza e non vuole nessuno che disturbi. Altro che “siamo qui per parlarne”. L’idea di fondo di chi detiene le leve del potere è “siamo qui per parlarne” nel senso di “siamo qui per convincervi”; e se non vi va bene, allora si passa ai vecchi metodi del Potere e cioè l’esercizio della forza pubblica, la schedatura dei pericolosi contestatori, multe salatissime (toccare il portafoglio significa colpire dove fa più male), la militarizzazione del territorio.
Ieri centinaia e centinaia di persone hanno sfilato tra Torre dell’Orso e Melendugno (una fascia di terra che fa parte delle perle salentine e dove il cantiere della Tap sarà più intensivo), lo hanno fatto piangendo la scomparsa di una giovane ragazza del movimento morta in un incidente stradale – gli organizzatori volevano rimandare il corteo ma i genitori hanno chiesto di andare avanti, anche nel ricordo di Angelica – e lo hanno fatto tra blindati della polizia e dei carabinieri, tra auto pattuglie della Guardia di Finanza e posti di blocco. Insomma una esibizione muscolare voluta dallo Stato contro un altro pezzettino di Stato che evidentemente conta meno di chi sta occupando in nome dell’unica ideologia che comanda, il neoliberismo.
Certo, i No Tap passano per violenti e lo passeranno sempre di più. Nelle redazioni è passato l’ordine di colpire il dissenso (del resto la pubblicità sui giornali la fanno quelli del Tap, mica quegli squattrinati dei comitati) esattamente sulla falsa riga dei No Tav, dei No ai decreti salvabanche, dei FreeVax e di tutti coloro che stanno facendo un’altra politica.
Nei giorni scorsi il sindaco di Melendugno Marco Potì ha avuto uno scambio epistolare con il prefetto di Lecce, Claudio Palomba, vedendosi da quest’ultimo redarguire e ammonire sul tenore della lettera. Potì si era soltanto lamentato, da sindaco eletto, dell’eccessiva militarizzazione del territorio. Ma nell’Italia dove i cantieri del neoliberismo vengono protetti coi soldi dei contribuenti, i prefetti tornano forti. E alzano la voce in nome dell’emergenza. Altro che “siamo qui per parlarne”.