A chiedere nuovamente al tribunale di esprimersi sulla carcerazione dell'imprenditore era stata la Cassazione. Invitando i giudici a esprimersi anche sulla legittimità delle intercettazioni disposte a Napoli dai pm Woodcock e Carrano con il sistema dei virus spia. Se dovessero considerarle illegittime, anche il filone d'indagine sul padre dell'ex premier e SU Carlo Russo subirebbe un brusco stop
Alfredo Romeo torna libero. Il Tribunale del Riesame di Roma ha annullato la misura cautelare nei confronti dell’imprenditore che è al centro dell’inchiesta sulla Consip. Detenuto agli arresti domiciliari a Napoli con l’obbligo del braccialetto elettronico (grazie a una sentenza del tribunale della Libertà del 4 luglio scorso), Romeo torna in libertà. E adesso spera che nelle motivazioni del Riesame ci siano elementi utili a bloccare gran parte dell’indagine sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione. Non è l’unico ad avere questa speranza, visto che il tribunale doveva esprimersi anche sulla legittimità delle intercettazioni effettuate con il virus spia e disposte a Napoli dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano.
L’eventuale parere contrario del Riesame su questo passaggio può far seriamente scricchiolare non solo l’utilizzabilità delle intercettazioni tra Romeo e Marco Gasparri , dirigente della centrale acquisti per la pubblica amministrazione che sarebbe stato corrotto con 100mila euro dallo stesso imprenditore. A rischiare di subire un brusco stop, infatti, è anche l’indagine su Tiziano Renzi, padre di Matteo, e l’amico imprenditore Carlo Russo: entrambi sono accusati di traffico d’influenze in concorso. Ma andiamo con ordine.
A chiedere nuovamente al tribunale del Riesame di esprimersi sulla carcerazione di Romeo, infatti, era stata la sesta sezione penale della Cassazione, che il 13 giugno scorso aveva accolto il ricorso della difesa dell’imprenditore, rappresentata dagli avvocati Francesco Carotenuto, Giovanni Battista Vignola e Alfredo Sorge. I legali di Romeo avevano fatto appello contro una prima ordinanza del riesame, che il 24 marzo scorso aveva confermato il carcere per il loro assistito.
“Non si comprende dall’ordinanza impugnata di quali contenuti operativi consista ed in quali forme e modalità concrete s’inveri il metodo o il sistema di gestione dell’attività imprenditoriale da parte del Romeo, cui si fa riferimento per giustificare l’ipotizzato esercizio di una capacità d’infiltrazione corruttiva in forme massive nel settore delle pubbliche commesse”, scrivevano gli ermellini nelle motivazioni depositate il 25 luglio per spiegare perché avevano accolto l’istanza dei tre legali contro l’arresto dell’imprenditore. Secondo la Cassazione, quindi, il gip Gaspare Sturzo non avrebbe motivato a dovere cosa fosse “il metodo Romeo” ordinando l’arresto dell’imprenditore lo scorso uno marzo. Ma non solo.
Chiedendo al Riesame di esprimersi nuovamente sul caso, infatti, la Cassazione metteva severi paletti all’uso dei cosiddetti software spia: veri e propri virus che iniettati nei telefoni cellulari li trasformano in microspie. È con questo metodo che i carabinieri del Noe coordinati dal pm di Napoli Woodcock (prima che l’indagine passasse a Roma per competenza) intercettavano Romeo e i suoi collaboratori. Solo che l’utilizzo dei software spia è considerato eccessivamente invasivo: per questo motivo è concesso solo per indagini antimafia. Il 7 novembre del 2016 i pm di Napoli avevano iscritto l’imprenditore nel registro degli indagati per associazione a delinquere semplice aggravata dal favoreggiamento mafioso ex articolo 7. Poi il 26 novembre 2016 lo avevano indagato per associazione a delinquere di stampo camorristico, ma solo per le questioni relative all’ospedale Cardarelli di Napoli. Quindi l’indagine era finita per competenza alla procura di Roma che aveva arrestato Romeo per corruzione, producendo tra le accuse contro l’imprenditore anche le intercettazioni ottenute coi virus spia.
Nelle sue motivazioni, dunque, la Cassazione aveva stabilito come il tribunale del riesame dovesse svolgere “verifiche sul materiale indiziario emerso dalla operazioni di intercettazione ambientale espressamente utilizzate dal pm a sostegno della propria richiesta ed in seguito valutate dal gip” accertando in particolare il collegamento tra “la condotta delittuosa” oggetto dell’accusa e “l’esistenza di associazioni criminali“, che può giustificare l’utilizzo di mezzi “particolarmente invasivi” come i captatori informatici. Insomma il passaggio che considera legittimo l’utilizzo di quelle registrazioni per arrestare Romeo con l’accusa di corruzione ha bisogno di un ulteriore approfondimento: non basta che il gip di Napoli le abbia ritenute lecite e utilizzabili allora. Ci vuole un’autonoma valutazione ora per allora da parte dei giudici romani che validano l’arresto di Romeo. Quindi il Tribunale del Riesame dovrà riscrivere e motivare il suo provvedimento sulla base di questi principi. Cosa scriveranno i giudici del riesame sul tema? Dopo aver annullato la misura di custodia di Romeo, i magistrati considerano ancora legittime e utilizzabili le intercettazioni con i virus spia sul telefono dell’imprenditore? E in caso contrario, per quale motivo?
Il bello è che anche in caso di inutilizzabilità delle registrazioni, l’inchiesta per corruzione sull’imprenditore napoletano potrebbe reggere. A raccontare di avere intascato 100 milo euro in cambio di notizie sulle gare d’appalto, infatti, è lo stesso funzionario della Consip Gasparri: anche senza le intercettazioni, l’accusa dei pm si baserebbe su un reo confesso. Diversa la questione per Tiziano Renzi e Carlo Russo: senza le parole registrati tra quest’ultimo e Romeo è difficile dare un senso ai pizzini annotati dall’imprenditore mentre i due erano a colloquio intercettati. Senza quellele intercettazioni, dimostrare che quel foglietto con scritto “30 mila euro per T.” fosse una proposta per far avere a Tiziano Renzi quella somma di denaro diventerà davvero più difficile.