Un comunicato torna sulla questione della creazione di una zona Sar e sulla conseguente decisione di alcune organizzazioni di sospendere la loro attività nel Mediterraneo. "E' un diritto legittimo del nostro Stato - si legge - la loro scelta non ci riguarda. Usano la retorica contro di noi"
Il comportamento delle ong “ci fa pensare che stiano cercando di fare della Libia una porta d’ingresso legale per gli illegali che attraversano i nostri confini sotto la copertura di ‘migranti’ e senza alcun controllo”. E’ quanto sostiene la Marina libica che in un comunicato torna sulla questione della creazione di una zona di ricerca e soccorso (Sar) e sulla conseguente decisione di alcune organizzazioni non governative di sospendere la loro attività nel Mediterraneo. Una scelta che – si legge – indica la volontà di “imporre le loro agende usando la retorica contro uno Stato riconosciuto e sovrano. Questa è una cosa anomala e assolutamente illogica da parte di chi pretende di lavorare per i diritti umani”.
Medici Senza Frontiere, Save the children e Sea Eye sono le tre ong che dal 13 agosto scorso hanno “temporaneamente sospeso” le missioni di salvataggio in mare. Il motivo della loro decisione è legato – hanno spiegato – ai crescenti rischi per la sicurezza, proprio alla luce della decisione libica di istituire una zona di ricerca e soccorso nella quale nessuna nave straniera avrà il diritto di accedere a meno che non faccia “richiesta espressa alle autorità” libiche. La creazione di una zona Sar è “diritto legittimo dello Stato della Libia, garantito dalle leggi e dai codici internazionali”, replica ora la Marina di Tripoli, specificando che la sospensione dell’attività delle ong “non ci riguarda affatto”. “Quello che ci tocca – prosegue la nota – è il tono ostile che usano contro di noi e la retorica che usano come strumento per guadagnarsi la simpatia degli altri e allo stesso tempo farci fare brutta figura“.
Nel comunicato la Marina libica spiega anche le motivazioni della creazione di una zona Sar. “Abbiamo chiesto – si legge – di coordinare le azioni con gli enti preposti nello Stato libico e di collaborare con essi in azioni relative alla ricerca e soccorso per garantire la protezione delle persone”, a condizione che ciò non metta a repentaglio “la sovranità della Libia”. La nota sostiene anche che Tripoli non ha annunciato “una zona proibita e di non aver vietato tassativamente a enti o organizzazione di praticare operazioni di salvataggio chiare e trasparenti”. “Vogliamo solo organizzare queste attività che sono diventate casuali, dipendenti dagli umori di qualcuno e immerse nel caos – conclude la Marina – specialmente quelle che si compiono nella zona accanto alle nostre acque territoriali”.