Un albergatore non vuole coppie gay e precisa “neppure se unite civilmente”. Un altro non vuole spaventare i clienti e si vede “costretto” a non assumere un cameriere “nero”. A Verona, i promotori di una gara canora avrebbero rifiutato la partecipazione di una ragazza italiana, ma di “colore nero” perché la competizione era riservata agli italiani “bianchi”. A Torino la commessa ha perso il posto perché aveva un fidanzato “colorato” e questo non piaceva al cosiddetto datore di lavoro.
Altrove hanno messo un cartello per avvertire che, in quella struttura, erano previsti bagni per donne, uomini e gay, ovviamente per evitare il “contagio”. A Chioggia, invece, un intero stabilimento era stato trasformato in una sorta di museo del nazifascismo, con tanto di finte “camere a gas”. Non manca neppure chi definisce “critica popolare” l’invito allo stupro, al femminicidio, al razzismo, sino alla esaltazione delle peggiori pratiche nazifasciste.
Alla faccia di una Costituzione, appena confermata dal voto popolare, esplicitamente antifascista, inclusiva e antirazzista. Non sappiamo se il Parlamento italiano riuscirà mai ad approvare la legge sullo “ius soli”, odiata e osteggiata da chi affida ai sondaggi di giornata la propria strategia politica, ma di sicuro sarebbe ora e tempo di cominciare a levare la cittadinanza a chi il “suolo italico” lo ha inquinato con i veleni del razzismo e dell’odio per differenze e diversità.