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Attentato Barcellona, il covo di Alcanar saltato in aria per colpa degli esplosivi: “Volevano attacchi di maggiore portata”

Nel paesino al confine meridionale della Catalogna, la cellula aveva stabilito il suo quartier generale. Lì pianificava "uno o più attentati di grande portata", ha spiegato il capo dei Mossos d'Esquadra. Ma l'esplosione della villetta ha stravolto i piani dei terroristi: così è nato l'attacco con il furgone lanciato sulla Rambla di Barcellona

È iniziato tutto a oltre 200 chilometri da Barcellona, in una villetta a due piani di Alcanar. Era lì, nell’ultimo municipio della Catalogna prima del confine con la Comunitat Valenciana, che la cellula jihadista aveva trovato il suo covo dove preparare la strage nei dettagli. Avevano pensato a tutto, i terroristi: tre furgoni, almeno un centinaio di bombole di propano e butano, armi ed altri esplosivi. Perché non doveva andare così, con un van lanciato sulla Rambla per falciare quante più persone possibile. Doveva essere una carneficina ancora più sanguinosa, doveva saltare tutto in aria con pulmini-bomba. Volevano compiere “uno o più attentati” di “maggiore portata”, ha spiegato il maggiore dei Mossos d’Esquadra Josep Lluis Trapero.

Ma a cambiare i loro piani è stata proprio un’esplosione. Mercoledì notte quella casa occupata da mesi e trasformata nel quartier generale della cellula è stata sventrata da una detonazione, probabilmente provocata dagli stessi terroristi che devono aver compiuto una mossa sbagliata mentre confezionavano gli ordigni. “Una fuga di gas”, hanno pensato inizialmente le forze dell’ordine quando sono arrivate sul posto trovando un morto (un secondo cadavere è stato rinvenuto durante la bonifica, forse si tratta dell’imam di Ripoll) e un ferito grave tra le macerie. Poi hanno compreso che in quella casa c’era qualcosa che non tornava, ma credevano che l’appartamento fosse stato trasformato in un laboratorio del narcotraffico. Quando 17 ore dopo il botto, il furgone è entrato nella zona pedonale della Rambla, gli investigatori hanno iniziato a mettere insieme le tessere del puzzle.

Giovedì sera, nella prima conferenza stampa dopo l’attentato, la traccia: “C’è una connessione chiara tra i due eventi”, ha detto il capo dei Mossos d’Esquadra. Il tassello che tiene tutto insieme è quindi Alcanar, neanche diecimila anime vicino a Tarragona. I terroristi avevano trovato il rifugio ideale per prepararsi in quella villetta anonima tra il mare e le colline. Tanto che il primo degli arrestati è stato proprio l’uomo rimasto coinvolto nell’esplosione, ora piantonato nell’ospedale Verge de la Cinta di Tortosa. E secondo gli investigatori, c’è un filo rosso anche con i 5 terroristi uccisi nella notte sul lungomare di Cambrils, a metà strada tra Alcanar e Barcellona.

Saltato il piano originale, la cellula aveva deciso di moltiplicare il numero di azioni per ammazzare quante persone aveva programmato di uccidere con i furgoni-bomba. I terroristi volevano compiere “uno o più attentati” di “maggiore portata”, ha spiegato il maggiore Trapero. Ma l’esplosione dell’altra notte avrebbe indotto gli jihadisti ad agire anzitempo, circostanza che ha evitato “un attentato ben più grave”. Una deduzione degli investigatori, dovuta probabilmente alla quantità di esplosivi ritrovata nella villetta.

Perché non tutto è saltato in aria mercoledì notte. Durante le operazioni di bonifica della zona, infatti, si è verificata una seconda deflagrazione che ha ferito 6 agenti e nel retro della casa sarebbero stati localizzati due depositi di esplosivo. Tanto da rendere necessarie diverse esplosioni controllate e l’evacuazione degli abitanti di alcuni palazzi limitrofi, ignari dei loro vicini di casa che nella tranquillità di Alcanar hanno preparato a lungo il loro pomeriggio di terrore. E non si sono fermati neanche dopo che il loro piano è stato la prima cosa a saltare per aria.

Aggiornato dalla redazione alle 13.03 del 19 agosto