Secondo l'Europol quasi un terzo delle persone arrestate nel 2016 in Europa per fatti di terrorismo aveva dai 25 anni in giù. L'analista dell'Ispi: "Da una parte i jihadisti attraggono i giovani vulnerabili, dall’altra ci sono le reazioni idiote di certe fazioni politiche che incitano all’odio e alla guerra contro i musulmani. Così si accentua lo scontro"
Sempre più giovani. Hanno 17 anni, come Moussa Oukabir, che alla guida di un furgone ha ucciso 14 persone sulla Rambla de Catalunya a Barcellona. Il suo amico Said Aallaa, compagno nella cellula che ha organizzato l’attentato, ne aveva 18. “Donne e giovani adulti, anche ragazzini, giocano un crescente ruolo operativo in attività terroristiche nell’Unione europea – si legge nel Terrorism situation and Trend Report 2017, pubblicato a giugno dall’Europol – non soltanto facilitando altre figure operative, ma anche partecipando in prima persona all’esecuzione di attacchi terroristici“. Una deriva, commenta Arturo Varvelli, esperto di terrorismo dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, legata alla questione sociale nelle città europee: “L’esclusione crea estremismo, in Medio Oriente come in Europa. La dialettica politica con la quale abbiamo a che fare oggi, la radicalizzazione delle varie fazioni, non fa che accentuare lo scontro”.
Quasi un terzo delle persone arrestate nel 2016 in Europa per fatti di terrorismo (291) aveva dai 25 anni in giù. Ne aveva 24 Anis Amri, autore della strage al mercatino di Natale di Berlino del dicembre 2016. Due in meno Salman Abedi, il ragazzo di origine libica che il 22 maggio 2017 si è fatto esplodere alla Manchester Arena. Poi ci sono i cuccioli: il ragazzino che nel gennaio 2016 provò a uccidere con un machete un rabbino a Marsiglia non aveva ancora festeggiato i 16. La stessa età della marocchina che un mese dopo ridusse in fin di vita a furia di coltellate un poliziotto che l’aveva fermata alla stazione di Hannover, in Germania, per un controllo documenti. Un anno in meno del 17enne afghano che il il 18 luglio 2016 aveva ferito cinque persone a colpi di ascia e coltello su un treno per Würzburg, prima di essere ucciso dalle autorità.
Moussa Oukabir è il primo under 18 a compiere una strage in territorio europeo. “Vorrei uccidere tutti gli infedeli e lasciare solo i musulmani che seguono la religione”, scriveva due anni fa su Facebook interpretando i pensieri di molti coetanei. Di anni ne aveva 15. Segno che il processo di radicalizzazione può cominciare molto presto, e non solo in quella Spagna la cui cronaca giudiziaria racconta da anni di una generazione sempre più sensibile alla fascinazione del jihad. L’ultimo allarme è del 9 novembre 2016: quel giorno, il governo annunciava di aver smantellato a Ceuta una cellula riconducibile a Isis – tre uomini e una donna – che indottrinava e reclutava giovani, anche minorenni, attraverso Internet: il gruppo terroristico islamico, avvertiva il ministero dell’Interno, aveva diramato direttive per il reclutamento di candidati alla jihad sempre più giovani.
Ma il destino dei giovanissimi soldati del Califfato non è solo quello di rimpolpare le file degli aspiranti martiri. Secondo il rapporto dell’Europol, i nativi digitali sono diventati il mezzo per sfruttare applicazioni o codici che permettono di raccogliere e spostare piccole somme di denaro grazie a trasferimenti criptati. Se il 40% circa dei finanziamenti al terrorismo di matrice jihadista proviene da traffici illeciti, furti, rapine e truffe, la nuova generazione ha permesso alle organizzazioni di mettere in piedi raccolte fondi apparentemente legali e, attraverso coperture e piccole operazioni anonime, far confluirei soldi nelle mani dei vertici delle cellule.
Per raggiungere il risultato le organizzazioni hanno adattato al target la propaganda. Si è passati “da Al Qaeda che aveva un messaggio più centralizzato sull’aspetto religioso – spiegava il 26 maggio il capo del Centro antiterrorismo di Europol, Manuel Navarrete Paniagua – a uno più pragmatico”, quello di Isis, incentrato sulla contrapposizione tra un mondo e una cultura occidentale ormai deviati e la Umma, la comunità musulmana. La contrapposizione “noi-loro” da qualunque lato la si guardi è la chiave di lettura: “Molti di questi ragazzi vivono ogni giorno in una situazione di esclusione – continua Varvelli – stiamo assistendo a una radicalizzazione dello scontro che è proprio quello che i movimenti terroristici cercano. Da una parte, i jihadisti riescono ad attrarre le giovani menti vulnerabili, dall’altra ci sono le reazioni idiote di certe fazioni politiche che incitano all’odio e alla guerra contro i musulmani, facendo sentire questi giovani cresciuti in Europa ancora più esclusi dalla società in cui vivono. In questo, la dialettica e il livello sul quale si è deciso di portare lo scontro politico hanno le loro responsabilità”.
Twitter: @GianniRosini