In tutto l’Iran vanno avanti senza sosta le esecuzioni per reati di droga: nei primi sette mesi dell’anno sono state 183 su un totale di 319 prigionieri messi a morte.
La scorsa settimana, tuttavia, il Parlamento ha approvato un testo di legge in discussione da un paio d’anni che potrebbe ridurre sensibilmente il ricorso al boia e riguardare anche i prigionieri in attesa di esecuzione: circa 5300, il 90 per cento dei quali dai 20 ai 30 anni di età e privo di precedenti penali.
Il testo approvato dal Parlamento mantiene la pena di morte per spaccio di oltre due chili di eroina, morfina, cocaina e loro derivati (in passato, bastavano 30 grammi) e più di 50 chili di bhang (una bevanda a base di cannabis), oppio e cannabis (10 volte di più rispetto a prima).
La pena di morte, inoltre, resta in vigore per i capi delle bande criminali del narcotraffico, per coloro che sfruttano i minorenni nello spaccio, per chi possiede o usa armi da fuoco durante la commissione di reati di droga e per i recidivi con precedenti condanne superiori a 15 anni.
È prevista inoltre la commutazione a 30 anni di carcere e a una multa per i prigionieri già condannati a morte e che, secondo le nuove norme, non avrebbero dovuto esserlo.
Dal 1988, secondo fonti giudiziarie iraniane, le condanne a morte eseguite per reati di droga sono state circa 10.000. Per Iran Human Rights, solo dal 2010 al 2016 sono state 2990. Un bagno di sangue, dunque, che ha colpito e continua a colpire per lo più consumatori e piccoli spacciatori provenienti dai settori più poveri della società o immigrati dall’Afghanistan.
Una strategia che oltretutto non pare abbia funzionato. Lo riconoscono sempre più spesso anche le autorità iraniane: i reati di droga sono collegati ad altri problemi come la disoccupazione e la povertà, che le esecuzioni non risolvono.
A inizio agosto, durante le fasi finali del dibattito parlamentare, il presidente della Commissione affari legali e giudiziari del parlamento ha dichiarato che dal 2010 i costi della lotta alla droga sono raddoppiati e che, tra consumatori abituali e saltuari, oltre sei milioni di iraniani fanno uso di droga.
Resta ora l’incognita della ratifica da parte del Consiglio dei guardiani e dell’opposizione di alcuni dei settori più radicali dell’apparato di sicurezza iraniano.