Morto nel 2002 all’età di 80 anni, Galzerano è stato un genio creativo ignaro di esserlo che ha riempito il suo paese di origine, Castelnuovo Cilento (Salerno), di creazioni a mosaico che sembrano quasi uscite da una fiaba
Archi e strutture monumentali realizzati con decine di migliaia di ciottoli incastrati tra loro come in un mosaico tridimensionale. Non parliamo del colonnato del Parco Güell a Barcellona o di altre opere dell’architettura visionaria di Antoni Gaudí, ma della produzione dell’italianissimo Guerino Galzerano. Un contadino che, senza istruzione né maestri, è riuscito a trasformare un materiale povero e comune come il ciottolo in pura arte.
Morto nel 2002 all’età di 80 anni, Galzerano è stato un genio creativo ignaro di esserlo che ha riempito il suo paese di origine, Castelnuovo Cilento (Salerno), di creazioni a mosaico che sembrano quasi uscite da una fiaba: dalla casa del contadino – con i ciottoli che si spingono anche all’interno dell’abitazione, comparendo in elementi d’arredo – alla sua stessa tomba monumentale, dal giardino sotto la torre del paese a un vero e proprio castello, le opere di Galzerano sembrano uscite da un sogno e rendono Castelnuovo Cilento un piccolo gioiello d’arte.
E proprio nel giardino del castello di Castelnovo, il 22 agosto alle 21 Vittorio Sgarbi terrà una lectio magistralis gratuita a tema “Arte e Follia”, in occasione dell’evento locale “Castrum Novum”. Le opere di Galzerano infatti sono inserite nel catalogo dell’itinerante Museo della Follia (attualmente con sede a Salò) curato da Sgarbi e dedicato ad artisti “la cui mente è attraversata dal turbamento”, segnati da una vita difficile. Come quella di Galzerano che, dopo aver combattuto a Montecassino ed essere quasi morto di tifo, viene ingiustamente accusato dell’omicidio di un cugino. Il motivo dell’accusa? Il non aver pianto durante il funerale.
“Arte e follia”, perché Galzerano crea le sue prime opere nel manicomio criminale di Aversa, dove viene rinchiuso nel 1970 per aver ucciso un’amica della moglie. Sette anni dopo torna nel suo borgo campano e lo riempie della sua arte. Tra le tante scritte sulla sua tomba monumentale, realizzata da lui stesso, la richiesta di non lasciare ceri né fiori. Con tanti “ossequi ringraziamenti a tutti voi”.