Le autorità belghe avevano chiesto informazioni su Abdelbaki Es Satty, l’imam di Ripoll e mente della cellula jihadista responsabile dell’attentato di Barcellona e intenzionata a far esplodere la Sagrada Familia. Ma dalla Spagna, sostengono, non erano arrivate risposte soddisfacenti e l’allarme era stato sostanzialmente ignorato.

L’allerta della moschea – I fatti risalirebbero al marzo 2016, quando Es Satty arriva a Vilvoorde, la patria dei foreign fighters. A ricostruire quei giorni è il sindaco della città, Hans Bonte, all’agenzia Efe. La segnalazione parte dal responsabile della moschea di Diegem: “E’ apparso all’improvviso e ha detto che voleva essere l’imam, perché in Spagna non c’era futuro”. Il suo comportamento insospettisce la comunità musulmana, che allerta le forze dell’ordine. Anche perché quando i responsabili del centro di culto chiedono il suo certificato penale, Es Satty – in carcere a Castellon per oltre 2 anni – scompare nel nulla.

Risposte spagnole non soddisfacenti – “La polizia e gli agenti dell’anti-radicalizzazione hanno cercato tutte le informazioni che potevano e hanno contattato i servizi di intelligence“, ha spiegato il sindaco. Ma le risposte spagnole non sono state soddisfacenti.La ricostruzione è stata smentita dal ministro dell’Interno spagnolo Juan Ignacio Zoido che ha precisato che le forze di polizia che dipendono dal suo ministero non hanno mai ricevuto comunicazioni dal Belgio, secondo quanto riferisce El Pais. Se c’è stata quindi una responsabilità nell’aver sottovalutato l’operato di Es Satty, il ministro sembra così scaricarla sulle autorità catalane con le quali continuano gli attriti per la conduzione delle indagini. Tuttavia, racconta Bronte, “anche se non vi era alcuna prova, la comunità musulmana della zona ha deciso di espellerlo dalla moschea”. Non un caso, a Vilvoorde. Perché il “metodo Bronte”, lodato anche dall’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, va avanti da qualche anno e consiste nel coinvolgere la comunità nella prevenzione. “La lotta al terrorismo – dice il sindaco – funziona solo se si lavora all’interno della comunità stessa. Se tutti si fidano dell’altro”.

“Perché poteva viaggiare liberamente?” – Restano numerosi interrogativi su come in Belgio avessero subito ‘annusato’ la natura radicale di Es Satty, mentre in Spagna nessuno aveva idea di chi fosse e cosa facesse l’imam di Ripoll, nonostante i legami con membri coinvolti nelle inchieste sugli attentati di Nassiriya e Atocha. “Come poteva una persona con problemi in Spagna viaggiare liberamente all’interno dell’Unione europea? Questo è’ un grande tema di discussione in Ue, dove le informazioni dell’intelligence dovrebbero essere maggiormente condivise”, ha detto Bronte.

Le motivazioni della mancata espulsione – In Spagna, intanto, è polemica anche dopo la diffusione delle motivazioni con le quali il giudice Pablo de la Rubia, capo della Corte per i contenziosi amministrativi di Castellon, nel marzo 2015 decise di accogliere il ricorso di Es Satty contro la sua espulsione decisa dalla prefettura. Secondo i documenti citati da El Mundo, infatti, il tribunale non decretò l’allontanamento dell’imam perché non costituiva “una minaccia reale” e aveva dimostrato i suoi “sforzi di integrazione nella società spagnola”. I traffici di droga nei quali era stato coinvolto e per i quali era stato imprigionato, spiegava il giudice, erano “un atto criminale lontano nel tempo” che era stato ‘smacchiato’ dalle “evidenti radici del suo lavoro in Spagna”. Pochi mesi dopo, Es Satty avrebbe iniziato a radicalizzare i giovani amici di Ripoll, fino a convincere il gruppo al martirio.

Le novità dell’indagine – Continuano intanto le indagini sull’attentato lungo la Rambla, che ha provocato 15 morti (sette feriti sono ancora in condizioni critiche). Dopo gli interrogatori di martedì davanti al giudice Fernando Andreu, Mohamed Aallaa è stato scarcerato ed è tornato a Ripoll. Lo stesso magistrato ha rivelato che la cellula terroristica aveva un secondo covo come base operativa, una masseria a Riudecanyes, 15 chilometri a ovest di Cambrils. In questo secondo covo, tra i resti di un falò, la polizia ha trovato la patente dell’autore della strage, Younes Abouyaaqoub, ucciso due giorni fa nei vigneti di una località a una cinquantina di chilometri da Barcellona. Nell’immobile sono state trovate prove dell’acquisto di “un ingente quantità di acetone” che, spiega Andreu, “secondo le conoscenze del momento è di 500 litri“. Chemlal, il terrorista ‘pentito’, ha raccontato davanti ai magistrati che gli ordini erano quasi pronti quando è saltato in aria il covo di Alcanar: l’esplosivo doveva solo asciugarsi, gli avrebbero detto altri componenti della cellula. Intanto in Francia, ha spiegato il procuratore di Parigi, Francois Molins, si continua ad indagare sulle “ragioni precise” della presenza dell’Audi A3 – poi utilizzata a Cambrils – sul territorio francese l’11 e 12 agosto scorsi.

 

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