Perelli è un medico e in soli 9 mesi ha percorso con la sua 4x4 oltre 25mila chilometri per andare a fare le visite a domicilio. Su e giù per strade spesso dissestate, alcune ancora con i segni delle scosse dell'anno scorso. Prima del terremoto, in un anno non superava i 10mila chilometri. “Gli anziani che abitano nelle frazioni non hanno nessuno e si sentono abbandonati. Non potevo andare in pensione e lasciarli anche io”.
“Gli anziani che abitano nelle frazioni intorno a Visso non hanno nessuno e si sentono abbandonati”, riflette Fabio Perelli, medico di base che segue le zone fra Visso (Mc) e Pievebovigliana (Mc), “non potevo andare in pensione e lasciarli anche io”. Perelli, 67 anni e 42 di servizio effettivo è uno dei dottori che si sono trovati ad affrontare gli strascichi dell’emergenza terremoto in centro Italia, soprattutto dopo la scossa del 30 ottobre 2016, quella che ha avuto come epicentro Castelsantangelo sul Nera. All’indomani del sisma che ha distrutto completamente Visso, Ussita, Castelsantangelo e diversi altri più piccoli paesi della Valnerina, Perelli si è trovato senza casa, con due genitori molto anziani e senza ambulatorio per ricevere i suoi pazienti, persone che segue da quando aveva 25 anni. A complicare di molto la situazione, per lui e per gli altri dottori che seguono persone che abitano in frazioni isolate, come il dottor Franco Cencetti e come i medici di continuità assistenziale (volgarmente detti guardie mediche) ci si è messa una frana. Il 30 ottobre 2016, 60mila metri cubi di detriti si sono staccati dalla montagna, invadendo la provinciale 209 per un fronte di 100 metri, deviando il corso del fiume Nera e creando un lago che ha spezzato in due la Valnerina. Da quel giorno molte piccole frazioni sono isolate o comunque difficilmente raggiungibili. La viabilità, a 10 mesi da quel 30 ottobre, non è ancora stata ripristinata, è di qualche giorno fa infatti la notizia che l’Anas ha affidato gli appalti per risolvere la situazione. Prevedibilmente i tempi di ritorno alla normalità saranno ancora lunghi e, forse, le popolazioni della zona dovranno affrontare un altro inverno.
Per il dottor Perelli e per gli altri medici l’emergenza non è finita: “Il fatto è – ci ha raccontato proprio Perelli che abbiamo accompagnato in uno dei suoi tanti giri periodici per l’assistenza domiciliare – che molte persone si sono trasferite sulla costa, altre hanno preso in affitto appartamenti in centri più lontani e poi c’è chi è rimasto ad abitare nelle frazioni più piccole e sperdute, in montagna. Sono ritornati nelle casette di legno costruite per il terremoto del ’97. Sono persone anziane, che hanno bisogno di assistenza continua. Io ho 40 pazienti, alcuni dei quali ultracentenari, sparsi nei piccoli paesi attorno a Visso che sono in assistenza domiciliare programmata o integrata. Ciò vuol dire che non si possono muovere e che io, con l’aiuto delle infermiere, vado periodicamente a trovarli”.
Fabio Perelli ha percorso, con l’auto 4×4 che utilizza solo per le visite a domicilio e che è di sua proprietà, 25mila km (la metà dei quali su strade dissestate) in 9 mesi, normalmente all’anno ne percorreva 10mila. Un altro medico, Franco Cencetti, 54 anni, ha voluto continuare a occuparsi anche dei pazienti trasferiti al mare, un po’ per dare loro dei punti fermi, dettaglio da non sottovalutare per le implicazioni del sisma sull’integrità psicologica, soprattutto degli anziani, e un po’ per non perderli. “In altre occasioni – ha detto Cencetti – con catastrofi come questa, gli stipendi dei medici di base sono stati bloccati al giorno del sisma, questa volta no e c’è il rischio di perdere assistiti”. Cencetti raggiunge Porto Sant’Elpidio due volte a settimana, sono 90 km andata e 90 km ritorno, mentre gli altri tre giorni fa assistenza in montagna. “Non ho fatto il conto di quanti km in più ho percorso, so che dopo 5 mesi il contachilometri della mia auto segnava 40mila km”.
Per raggiungere frazioni di Visso come Fematre, dove si trovano due pazienti di Perelli che hanno bisogno di assistenza continua, il dottore deve percorrere quasi 100 km, fra andata e ritorno: “Prima erano pochi km, ma con la 209 spezzata dalla frana bisogna andare verso Foligno, passare per Colfiorito e poi su su per strade anche pericolose. La prima volta che ho raggiunto questa famiglia – ci ha raccontato durante il viaggio fra Pievebovigliana e Fematre – era inverno e non riuscivo ad andare a più di 10 all’ora. Con le curve, senza guard-rail, la strada dissestata e bianca pensavo che sarebbe stato facile finire giù dal burrone. A gennaio ho dovuto chiedere l’intervento della Protezione Civile per arrivare in zona di Fiastra. Con la neve neanche la 4×4 ce la faceva e c’era un paziente grave che mi attendeva”.
I paesaggi che si attraversano, visti dal finestrino dall’auto del dottore, sono idilliaci sotto la luce calda dei mesi estivi, per strada si incrociano quasi esclusivamente mezzi agricoli e la temperatura è gradevole, ma agosto presto finirà. Nonostante i tanti km e il fatto che il terremoto abbia sconvolto anche la vita personale del dottore che, per il primo periodo, ha dovuto fare avanti e indietro da Osimo (An) per raggiungere la tenda sotto la quale riceveva a Pievebovigliana, Perelli non si scoraggia ed è convinto della sua scelta: “Il mio principio – ci ha detto continuando a guidare su per i greppi, con disinvoltura – è fare agli altri quello che vorrei fosse fatto a me. La pensione può attendere. Sapere che anche solo la mia presenza può essere di conforto per queste persone mi ripaga di tutto”.