Non c’erano solo quel documento d’identità ritrovato nella casa di Mohamed Mrabet Fahsi e la detenzione accanto a Rachid El Conejo Aglif nel passato di Abdelbaki Es Satty, l’imam di Ripoll che si ritiene essere stata la mente della cellula jihadista responsabile dell’attentato di Barcellona. Gli indizi attorno alle sue frequentazioni pericolose erano più sostanziosi. Non abbastanza per mandarlo a processo in seguito alle operazioni Chacal e Camaleon-Genesis che smembrarono due presunte cellule legate agli attacchi di Atocha e Nassiriya, ma sufficienti perché il suo telefono finisse sotto controllo durante le indagini. Con un sospetto pesantissimo: “Legami con il gruppo terrorista Ansar al Islam“.
“Legami con Al Qaeda” – A richiedere le intercettazioni, come riporta il sito spagnolo ABC pubblicando in esclusiva le carte dell’autorizzazione concessa dal giudice, furono gli agenti dell’Ufficio Informazioni Generali della Polizia Nazionale. Gli investigatori erano convinti che Es Satty fosse legato a due organizzazioni terroristiche della rete di Al Qaeda, Ansar Al Islam e il Gruppo Islamico Combattente Marocchino, all’interno delle quali erano integrati alcuni responsabili del massacro dell’11 marzo 2004. Tra questi c’era Rachid Aglif, detenuto con Es Satty a Castellon, dove l’imam di Ripoll aveva il compito di organizzare la preghiera dei musulmani.
Il supporto logistico – L’autorizzazione del magistrato arrivò il 19 ottobre 2005. Definì le intercettazioni “adeguate” e “necessarie” vista “la gravità dei fatti oggetto di indagine, come il sospetto circa i suoi legami con il gruppo terrorista Ansar Al Islam”. Secondo il magistrato, infatti, Es Satty “può agire da intermediario nel dare supporto logistico, mantenendo i contatti con i cittadini arabi che sono impegnati nella falsificazioni di documenti nel settore della criminalità comune, con l’obiettivo di coprire terroristi sul territorio spagnolo ed europeo”.
Le indagini dell’epoca – Fahsi, che faceva il macellaio a Vilanova i la Geltru, era la mente delle due cellule che egli stesso aveva creato a metà del 2003 come parte del Gruppo islamico combattente marocchino (Gicm), con ramificazioni in altri Paesi europei e accusato di aver preparato il massacro a Madrid nel quale morirono 192 persone. Per il ministero dell’Interno spagnolo era stato lui a convincere Bellil Belgacem a diventare mujaheddin, fare della guerra santa il suo orizzonte di vita e farsi esplodere contro la base di Nassiriya uccidendo 12 carabinieri, 5 soldati dell’esercito e 2 civili italiani. Fahsi venne fermato il 10 gennaio 2006.
Gli arresti e il processo – Assieme a lui finirono dentro 15 cittadini marocchini, 3 spagnoli, un turco e un algerino e nella sua abitazione vennero trovate i documenti di Es Satty, come anticipato domenica da ilfattoquotidiano.it. Era stato anche intercettato, l’imam, ma non finì in quella retata. Il 13 gennaio 2010 l’Audiencia Nacional aveva poi condannato in primo grado 5 dei 7 mandati a processo a un totale di 34 anni di carcere: Omar Nachka a 9 anni, Fahsi a 7, Saffet Karakoc a 8, Djmel Dahmani e Redouan Ayach a 5 per integrazione e collaborazione con organizzazione terrorista per aver reclutato kamikaze da inviare in Iraq a commettere attentati. Alla Corte suprema non erano bastate le prove per confermare la condanna.
Nessuno lo ha mai controllato – Un po’ come era accaduto con Es Satty durante le indagini, in un periodo in cui frequentava la moschea nella quale predicava Fahsi. Da allora, a parte gli anni di detenzione per le questioni legate allo spaccio di droga, era scomparso. Un giudice aveva detto che non vi era motivo per il quale dovesse essere espulso dal Paese e le autorità spagnole non lo hanno ritenuto un soggetto da inserire negli elenchi delle persone da monitorare nell’ambito della prevenzione anti-terrorismo. Tanto che, come emerso negli scorsi giorni, da Barcellona non ebbero nulla da segnalare quando nel marzo 2016 il Belgio chiese informazioni su quell’imam arrivato a Vilvoorde. Abdelbaki Es Satty era per tutti un perfetto fantasma. L’unico a ricordare gli anni vicino a Fahsi e agli ambienti alqaedisti era proprio lui.