“Quando si ha uno strumento e non lo si utilizza viene meno anche la sua efficacia dissuasiva”. Il sostituto procuratore di Pistoia Fabio Di Vizio, già componente Comitato esperti dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) presso Bankitalia, ha così commentato all’Adnkronos il dato sull’utilizzo dello strumento delle indagini finanziarie, altrimenti dette in sintesi accertamenti bancari, nel contrasto all’evasione, evidenziato dalla Corte dei Conti nell’ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato (QUI IL DOCUMENTO IN SINTESI).
A fine giugno i magistrati contabili avevano rilevato come nel 2016 gli accertamenti antievasione assistiti dal supporto delle indagini finanziarie, quindi dalle verifiche sui rapporti bancari e affini del contribuente, sono calati del 43,9% attestandosi a 2.773 contro i 5.426 del 2015, per un calo che rispetto al 2012 la diminuzione arriva all’86,7 per cento. Si passa in pratica dai 11.872 accertamenti del 2012 ai 2.773 dello scorso anno. Un calo dell’attività che si riversa anche sulla maggiore imposta accertata che scende da 1,2 miliardi del 2012 a 178 milioni nel 2016 passando per 1,1 miliardi nel 2013, 1 miliardo nel 2014 e 409 milioni nel 2015.
“Un arretramento incomprensibile e del tutto ingiustificato tenuto conto dell’efficacia dello strumento e delle sue potenzialità”, commenta Di Vizio. “Trovo sorprendente che ci sia un arretramento così radicale nell’utilizzo dello strumento tenuto conto che l’accertamento supportato da indagini finanziarie si è rivelato molto efficace in termini di maggiore imposta accertata. Una scelta – aggiunge – che non si giustifica nemmeno con la nuova filosofia secondo cui il fisco deve assistere il contribuente più che controllarlo. Quando si ha uno strumento e non lo si utilizza viene meno anche la sua efficacia dissuasiva. La filosofia della dichiarazione precompilata è proprio quella di dire al contribuente: ‘io conosco questi elementi che ti riguardano. Tienine conto’. Invece in questo caso dopo aver molto enfatizzato il grande fratello dell’anagrafe dei conti lo si abbandona. E’ evidente che si tratta di una perdita di efficacia del sistema di contrasto all’evasione”.
Una valutazione che per altro coincide con quella dei magistrati contabili secondo i quali “la tendenza conferma la riduzione dell’attività di controllo fiscale considerato che il grande potenziale informativo dell’anagrafe dei rapporti finanziari, nella quale come è noto confluiscono tutte le informazioni sulle movimentazioni finanziarie realizzate, risulta solo marginalmente utilizzato” .