Il numero uno dell'università di Palermo annuncia ufficialmente la candidatura a governatore dell'isola: sarà sostenuto dal Pd, da Ap, e da Leoluca Orlando che è stato il primo a fare il suo nome. In quella che è considerata la prova generale delle politiche dunque, i dem fanno una scelta di campo chiara: si alleano con gli alfaniani, lasciando in disparte i "compagni" della sinistra. Nel frattempo Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia si ricompattano attorno a Musumeci
Qualcuno l’aveva paragonata al calciomercato estivo. E infatti il giro di boa della campagna elettorale per le regionali in Sicilia arriva proprio quando il mercato del pallone sta per chiudere i battenti. Dopo un’intera estate fatta di corteggiamenti, annunci e dietrofront, il Partito democratico ha il suo candidato alla presidenza dell’isola: è Fabrizio Micari, rettore dell’Università di Palermo. “Sono qui per annunciare la mia disponibilità alla candidatura alla Presidenza della Regione siciliana nell’ambito di una coalizione di centrosinistra“, ha detto il magnifico. Ingegnere di 54 anni, rettore da due, Micari si è presentato puntualissimo nella conferenza stampa convocata per formalizzare la sua discesa in campo, che era nell’aria ormai da diverse settimane. Nel pomeriggio l’impegno del rettore sarà praticamente ratificato dalla riunione della segreteria regionale del Pd, ma nel frattempo ha già ricevuto l’appoggio dell’area del partito che fa capo al ministro Andrea Orlando.
Formalità a parte, però, il dettaglio fondamentale della candidatura di Micari (che non si dimetterà da numero uno dell’Ateneo palermitano) è rappresentato dai partiti che lo sosterranno: come annunciato nei giorni scorsi, infatti, oltre al Pd, il rettore sarà il candidato di Alternativa Popolare, il partito di Angelino Alfano. “Se quelli non prendono il 5% e stanno fuori non è un dramma”, diceva il segretario dei dem meno solo il 31 maggio scorso, in piena polemica sulla legge elettorale. “La mia collaborazione con il Pd è conclusa”, era stata la secca replica del numero uno della Farnesina solo l’1 giugno scorso. Acqua passata, evidentemente: Renzi e Alfano collaboreranno ancora. Almeno in Sicilia.
L’ex premier ha fatto esplicitamente il nome di Micari durante un colloquio telefonico con quello che è stato il suo ministro dell’Interno: e Alfano ha apprezzato l’idea di sostenere il rettore, nell’ottica di un accordo (finora smentito a più riprese) che potrebbe garantirgli tra i 20 e i 30 seggi alle politiche del 2018. In quella che è considerata la prova generale delle elezioni nazionali, dunque, il partito di Matteo Renzi fa una scelta di campo chiara: si allea con gli uomini del ministro degli Esteri, e lascia in disparte i “compagni” della sinistra.
“Il nostro progetto richiama la logica del campo largo in cui centro e sinistra hanno uguale dignità e sono portatori di sensibilità diverse”, ha detto Micari, specificando che è pronto a candidarsi anche nel caso in cui Mdp e Sinistra italiana non dovessero far parte della sua coalizione. “Il mio ruolo è quello di candidato civico di una coalizione ampia di centrosinistra con la presenza di tutte le componenti”, è l’auspicio del rettore. Un’ipotesi che al momento sembra altamente improbabile: sia i bersaniani che Sinistra italiana, infatti, formalizzeranno nelle prossime ore il loro sostegno alla candidatura di Claudio Fava, vicepresidente della commissione Antimafia, già in corsa alle regionali del 2012 prima di finire escluso dalla competizione per un intoppo burocratico. “Il nostro candidato è Claudio Fava“, conferma a Rainews24 il governatore della Toscana, Enrico Rossi. Tra i bersaniani, però, non tutti sembrano pensarla alla stessa maniera. Nei giorni scorsi, infatti, Giuliano Pisapia si è candidato a fare da pontiere per provare a coinvolgere Mdp (è molto legato ad alcuni suoi esponenti come il deputato Ciccio Ferrara) a virare su Micari. E pazienza se l’ex sindaco di Milano aveva più volte annunciato di non essere intenzionato ad appoggiare una coalizione che avesse al suo interno Alfano. “Ho parlato per 45 minuti con Pisapia al telefono, sono pronto a incontrare Mdp e Sinistra italiana”, diceva qualche giorno fa Leoluca Orlando.
Il sindaco di Palermo è il regista della candidatura di Micari: è lui che ha fatto il nome del rettore, ed è sempre lui che ha ottenuto l’appoggio del Pd e degli alfaniani. Pur non avendo un partito di riferimento (e nonostante gli anni passati ad attaccare i dem sia a Roma che a Palermo) in pratica in questo momento Orlando detta legge nel centrosinistra siciliano. Il suo biglietto da visita è il cosiddetto “modello Palermo“, cioè la coalizione No Logo che ha stravinto le amministrative nel capoluogo, citata a più riprese dai big del Nazareno come esempio del Pd capace di surclassare il Movimento 5 Stelle anche a Sud. Piccola controindicazione: il “modello Palermo” per Renzi e Alfano si è tradotto in un listone unico che fondeva i simboli del Pd e di Ap. Insieme hanno raccolto poco più dell’8%: non esattamente numeri da corazzata.
Nel frattempo se Micari ufficializza la sua candidatura con il sostegno di renziani e alfaniani, sulla sponda opposta il centrodestra si ricompatta. Dopo aver tentato senza successo di ricucire col suo ex delfino, Silvio Berlusconi è ormai intenzionato a ricollocare obtorto collo Forza Italia sull’altro polo: insieme alla Lega e a Fratelli d’Italia convergerà sulla candidatura di Nello Musumeci. L’ex missino, però, non scalda i cuori dei cuffariani, almeno di quelli rimasti col centrodestra. L’ex ministro Saverio Romano, infatti, avrebbe preferito sostenere Gaetano Armao, già assessore di Raffaele Lombardo che ha conquistato anche le simpatie dello stesso Berlusconi. Giorgia Meloni e Matteo Salvini, però, non intendono cedere: per loro l’unico candidato è Musumeci. Fonti interne a Forza Italia in Sicilia, raccontano come Berlusconi non sia proprio entusiasta della candidatura dell’ex presidente della provincia di Catania. Alla fine, però, l’ex premier non forzerà la mano: le politiche sono vicine e se Alfano va col Pd, Forza Italia non può fare altro che schiacciarsi a destra, com’era già avvenuto alle ultime amministrative.
Il dado sembra essere tratto dunque. Ai nastri di partenza in vista delle elezioni del 5 novembre ci saranno Micari sostenuto dal Pd e dagli alfaniani, Musumeci candidato del centrodestra unito dalla Lega a Forza Italia, Fava che prova a portare all’Assemblea regionale siciliana i partiti a sinistra dei dem. Poi ci sono una serie di candidati in solitaria: dal governatore uscente Rosario Crocetta, colpito da damnatio memoriae (“È necessario un cambio di marcia“, ha detto oggi Micari) da parte del suo stesso partito ma intenzionato comunque a ricandidarsi, a Roberto Lagalla, ex rettore ed ex assessore ai tempi di Totò Cuffaro, corteggiato praticamente da tutti ma alla fine rimasto a sorpresa fuori dai giochi.
Quindi ovviamente c’è Giancarlo Cancelleri, l’aspirante governatore del Movimento 5 Stelle: è stato il primo candidato ufficiale, ha cominciato la campagna elettorale già ad agosto e per tutti o quasi i bookmakers è il favorito numero uno nella corsa alla presidenza della Sicilia. Che con un sistema perfettamente tripolare si candida per l’ennesima volta ad essere laboratorio politico nazionale. Forse a questo giro lo sarà più di tutti gli altri casi del passato.
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