Bollo auto: ci sono delle interessanti novità sulla tassa più odiata dagli automobilisti. Con la sentenza 20425/2017 la Cassazione ha infatti confermato che il bollo si prescrive dopo 36 mesi e non dopo 10 anni, come precedentemente sosteneva una parte della giurisprudenza. Tecnicamente la Cassazione ha esteso alla tassa di circolazione la pronuncia delle Sezioni unite (sentenza 23397/2016), la stessa che escludeva il termine di prescrizione decennale per l’ingiunzione delle cartelle di pagamento relative a contributi previdenziali.

In altri termini va considerata illegittima una cartella di pagamento notificata dopo 3 anni: questi sono calcolati a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui il pagamento della tassa automobilistica faceva riferimento. In pratica per bolli relativi all’anno 2015 la prescrizione scatta il 31 dicembre del 2018: cartelle esattoriali recapitate successivamente a questa data sono quindi fuori legge e impugnabili dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 2 mesi dalla loro comunicazione.

Attenzione però: se non si fa ricorso entro i 60 giorni, la cartella esattoriale diventa definitiva e andrebbe pagata. Perché “andrebbe”? Perché la suddetta notifica, di fatto, interrompe la prescrizione dei 36 mesi, facendola decorrere da capo per altri 3 anni: se entro questo nuovo termine il contribuente non riceve lettere di sollecito al pagamento, fermo amministrativo o pignoramento della vettura da parte dell’Agente della riscossione, la cartella esattoriale (anche se non impugnata) decade.

Precedentemente la giurisprudenza stabiliva erroneamente in 10 anni il limite di prescrizione per la notifica di pagamento degli arretrati del bollo auto: tuttavia, come stabilito dalla Cassazione, il termine temporale decennale è applicabile agli atti di tipo giudiziale e non a quelli tributari (come il bollo appunto), che sono invece di natura amministrativa e rimangono tali anche se il contribuente non li impugna.

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