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Corea del Nord, il docente: “Lancio del missile è un atto di guerra. In caso di attacco, 200mila morti in 32 minuti”

Antonio Fiori, docente di Politica e Istituzioni della Corea e dell'Asia Orientale, spiega che è necessario agire: "Bisogna aprire un tavolo negoziale, mediato da un terzo attore". Anche perché l'opzione militare comporterebbe, secondo le stime, centinaia di miglia di vittime in Sud Corea nella prima mezz'ora del conflitto

Un vero atto di guerra, se non fosse che l’artefice è stato nuovamente il regime di Pyongyang, non nuovo a manifestazioni del genere. Il missile a medio raggio, il primo progettato dalla Corea del Nord per trasportare una testata nucleare, che ha sorvolato l’isola giapponese di Hokkaido ha alzato nuovamente lo stato d’allerta in tutta l’area e costretto Washington a chiedere, insieme a Giappone e Corea del Sud, una nuova riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Le stime dei morti in caso di conflitto
“Formalmente si può parlare di atto di guerra – commenta Antonio Fiori, docente di Politica e Istituzioni della Corea e dell’Asia Orientale all’università di Bologna – In realtà non credo questa sia la volontà del regime di Pyongyang che di lanci sopra i cieli giapponesi ne aveva già effettuati un paio, l’ultimo nel 2009. È però l’ennesimo segnale che è arrivato il momento di agire, spero con la seria volontà di aprire un tavolo negoziale con Kim Jong-un. Se si optasse per la soluzione militare, è giusto che Donald Trump tenga conto del fatto che, secondo le stime, lo scoppio di un conflitto causerebbe circa 200mila morti sudcoreani solo nei primi 32 minuti”.

Lancio risposta al programma di addestramento
L’atto del regime nordcoreano non nasce però dal nulla. Kim Jong-un e i suoi consiglieri considerano una minaccia l’avvio del programma di addestramento militare svolto in collaborazione tra Stati Uniti e Corea del Sud nella parte meridionale della Penisola. Operazioni che Washington, invece, inserisce in un piano di prevenzione e difesa. “Questo programma di addestramento in corso in Corea del Sud – continua Fiori – coinvolge circa 50mila militari della Repubblica di Corea, 18mila soldati americani e membri di eserciti di altri sette Paesi. Pyongyang ha colto l’occasione per compiere il suo ultimo atto ostile, come già fatto in passati in situazioni simili”.

Gli altri episodi nel passato
Di comportamenti analoghi ce ne sono stati già in passato. Se si allarga lo sguardo all’area asiatica e del Pacifico, un episodio simile è avvenuto nell’estate del 1995, quando l’esercito cinese riaccese i riflettori sulla Terza crisi dello Stretto, lanciando una serie di missili che caddero a pochi chilometri dalle coste di Taiwan. Ma i razzi nordcoreani, prima di oggi, avevano già sorvolato i cieli nipponici. La prima volta nel 1998 e, successivamente, nel 2009.

Le possibili strategie americane
In entrambi i casi non si è mai arrivati allo scontro aperto: “Non posso pensare che Tokyo voglia esercitare il diritto di reazione nei confronti della Corea del Nord – dice il professore – Nel breve termine, credo che sarà Washington a convocare una riunione con Giappone e Corea del Sud per studiare una strategia comune, mentre Tokyo e Seoul monteranno nuovi dispositivi antimissile. Inoltre, saranno probabilmente approvate nuove sanzioni che, la storia lo dimostra, quando si parla di Corea del Nord hanno un effetto quasi nullo, visto l’isolamento nel quale la Repubblica Popolare è riuscita ad ambientarsi e la loro grande capacità di aggiramento di questi provvedimenti”. Una posizione, quella sulle sanzioni, condivisa anche da Cina e Russia.

“Ogni giorno regalato a Pyongyang è un giorno perso”
Secondo Fiori, quest’ultimo episodio testimonia nuovamente che una tattica attendista nei confronti della Corea del Nord, avviata da Barack Obama con la cosiddetta “pazienza strategica”, è controproducente e pericolosa per gli altri attori nell’area. “Ogni giorno che viene regalato a Pyongyang – dice – è un giorno perso, si deve intervenire. Mi auguro che si inizi a spingere seriamente per la creazione di un tavolo negoziale, opzione non così impossibile come qualcuno vuol far credere. Ma deve esserci la volontà da parte di tutti, in primis di Washington. Non parlo di un dialogo diretto tra Usa e Corea del Nord, ma una trattativa che si avvalga della mediazione di almeno un terzo attore che potrebbe essere rappresentato dalla Corea del Sud. Il nuovo Presidente, Moon Jae-in, è molto più aperto al dialogo dei suoi predecessori, nonostante i militari di Seoul abbiano risposto a Kim Jong-un sganciando otto bombe nelle acque vicino al confine settentrionale”.

Prossimo azzardo un test nucleare
L’altra opzione sarebbe l’intervento armato, che Fiori vede più come soluzione esercitabile dagli Stati Uniti che dai Paesi asiatici: “Non me lo auguro – conclude – ma sarebbe sempre meglio di un’ulteriore attesa. Il prossimo azzardo nordcoreano potrebbe essere un nuovo test nucleare. Certo, se Donald Trump si prenderà la responsabilità di intervenire militarmente contro la Corea del Nord deve mettere in conto milioni di perdite umane: secondo le stime, già nei primi 32 minuti di conflitto potrebbero esserci 200mila vittime nella sola Corea del Sud”.

Twitter: @GianniRosini