Il trasferimento dell'assessore al Bilancio a Roma fa arrabbiare il Movimento nella città toscana: "Non si sacrifica Livorno che è piccola per salvare Roma che è grande, a Roma ci pensi chi si è candidato lì". Così in due pensano a un gruppo autonomo in consiglio. Ma senza mollare il sindaco: "Il malumore è nei confronti dei vertici nazionali, Grillo, Di Maio, Di Battista"
E’ la prova del buon lavoro di questi tre anni, avevano detto a denti stretti in Comune a Livorno. Ma il trasferimento dell’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti dalla giunta di Filippo Nogarin a quella di Virginia Raggi ha l’effetto di un ulteriore scossone nei confronti dei Cinquestelle che rappresentano la
Secondo il Corriere i dissidenti sono tre: oltre a Batini, anche Edoardo Marchetti e Valter Sarais, sempre combattivi e leali alla causa grillina fino a questo momento e, anzi, energici nella difesa della “linea Lemmetti” proprio sul caso Aamps, la partecipata dei rifiuti accompagnata al concordato preventivo per un risanamento. Ilfatto.it ha cercato di contattarli, invano. Il capogruppo Marco Galigani spiega: “Al momento non risulta alcuna fuoriuscita ufficiale dal gruppo. Mi auguro che nelle prossime ore la situazione possa rasserenarsi. Le persone che starebbero meditando di uscire però sono due e non tre: Sarais mi ha confermato che non ha alcuna intenzione di fare passi indietro”. Ma anche i due dati in partenza non metterebbero Nogarin in minoranza, aggiunge Galigani: “Il malumore è rivolto ai vertici nazionali, non verso Nogarin. Marchetti e Batini continuerebbero a sostenere la giunta. Dal punto di vista politico cambierebbe assai poco”. Galigani non nega che la chiamata di Lemmetti a Roma abbia generato proteste nella maggioranza: “Gianni è stato chiamato a Roma per contribuire a salvare la città da molti anni di cattiva gestione politica. A Livorno è anche grazie a Lemmetti se siamo usciti dal baratro…”. E l’ex capogruppo Daniele Ceselli conferma: “Qualche malumore c’è, ma il gruppo consiliare resta coeso: la giunta non è in pericolo“.
A fornire una lettura diversa è proprio uno dei fuorusciti, Marco Valiani, ora in consiglio iscritto alla lista Livorno per tutti. La “mossa dei tre dissidenti – dice Valiani – è solo una bufala per far sganciare Nogarin da Livorno e lanciarlo alle Politiche“. Secondo Valiani il sindaco non avrebbe infatti alcuna intenzione di ricandidarsi alle amministrative del 2019: “Non lo voterebbe nessuno”. Il nome di Nogarin viene fatto dai giornali toscani anche come possibile candidato presidente alle Regionali del 2020, ma per il momento di ufficiale restano solo le parole che Nogarin pronunciò in un’intervista di giugno al Tirreno: quindi è intenzionato a ricandidarsi, gli chiesero? “Sì, però vediamo: ne riparliamo tra un anno“.
Al momento della storica elezione a sindaco di Nogarin il gruppo consiliare M5s era formato da 20 componenti più Nogarin, con uno scarto sulle opposizioni (di destra e di sinistra) di 9 voti. Ma in poco più di tre anni il gruppo si è sgretolato, anche per ragioni indipendenti dalla politica. Un anno dopo l’elezione morì per malattia il consigliere Pino Vitiello e al suo posto entrò il primo dei non eletti, cioè Valiani, che nel frattempo era già uscito dal Movimento, tanto da diventare sin dai primi suoi giorni in consiglio una vera e propria spina nel fianco dell’amministrazione comunale. Ma il primo terremoto politico fu quello di fine 2015, a causa della crisi di Aamps, con lo sciopero dei netturbini e le proteste in consiglio comunale. All’epoca a essere espulsi dal blog di Beppe Grillo – dopo un confronto non senza grida e lacrime – furono Giuseppe Grillotti, Alessandro Mazzacca e Sandra Pecoretti che votarono contro l’atto d’indirizzo della giunta sul concordato preventivo. Ora i tre formano il gruppo d’opposizione Livorno Libera. Da quel momento la maggioranza è rimasta in bilico, senza mai però dare l’impressione di crollare una volta per tutte. Da oltre un anno, per esempio, è considerato con le valigie in mano il consigliere Federico Agen, insegnante che per questioni personali deve dividersi tra Livorno e la Spagna. Ma per il momento il suo “pendolarismo” ha permesso di tenere in piedi Nogarin.