“Ho temuto per la tenuta democratica del Paese”. Marco Minniti, rivela le sue preoccupazioni di pochi mesi fa, “di fronte a barricate per l’arrivo di migliaia di stranieri e a sindaci che mi dicevano no”. In quel momento, ha spiegato il ministro dell’Interno alla festa dell’Unità di Pesaro, “ho capito che andava governato subito il flusso migratorio e l’abbiamo fatto”.
All’indomani del vertice francese, il ministro incassa i risultati e l’appoggio europeo. “Abbiamo fatto da apripista – sottolinea Minniti – e Parigi ieri ha capito e approvato il nostro lavoro”. La svolta si è avuta in seguito ai mega-sbarchi di metà luglio, quando furono soccorse in mare diverse migliaia di persone in pochi giorni ed il ministro decise di rinunciare al viaggio negli Stati Uniti per iniziare a trovare una soluzione. Da allora una serie di iniziative in Libia ed in Europa, il contestato varo del codice per le ong e i numeri in calo. Dopo il dimezzamento degli arrivi a luglio, ad agosto c’è stato un vero crollo ed ora i dati del Viminale indicano 98.407 arrivi nel 2017, con una diminuzione dell’8% rispetto al 2016.
Minniti sottolinea poi l’importanza dell’impegno economico che deve mettere in campo l’Europa per frenare i flussi. Bisogna impiegare, spiega, “almeno quanto speso per la rotta dei Balcani: 6 miliardi”. E non manca di rimarcare il ruolo dei sindaci delle città libiche, che “sono i nostri principali alleati”. La scommessa è quella di costruire un circuito economico alternativo in Libia che possa soppiantare il florido business dei trafficanti di uomini.
Il ministro puntualizza però che “se un uomo fugge da guerre e carestie io ho il dovere di accoglierlo come Dio comanda” ed appoggia la legge sullo Ius soli: “Un ragazzino nato in Italia, che studia qui – si chiede – perché deve aspettare 18 anni” per diventare italiano? “Lo Ius soli è politica di integrazione perché rende il nostro Paese più sicuro”.