Perquisizioni e venti avvisi di garanzia eseguiti dal Noe su decreto della Procura di Civitavecchia. Il bacino è al centro della crisi idrica della Capitale. Lunedì Acea ha annunciato la riduzione della pressione dell'acqua nelle ore notturne nella Capitale, indicando tra le cause proprio la riduzione dei prelievi da Bracciano imposta dalla Regione
Venti pompe idrauliche abusive sono state individuate dai carabinieri del Noe su terreni privati a ridosso del lago di Bracciano, il bacino che rifornisce d’acqua 1,5 milioni di romani, al centro di una crisi idrica dall’inizio dell’estate che ha portato al suo progressivo svuotamento, a un trattativa tra il Comune di Roma e la Regione Lazio per la riduzione dei prelievi e a un’indagine per inquinamento ambientale a carico di Paolo Saccani, presidente di Acea Ato2, la società che gestisce la rete idrica romana. E’ ancora in corso il sequestro da parte del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Roma dei venti sistemi di captazione di acqua senza autorizzazione. Il decreto emesso dalla Procura di Civitavecchia ha disposto la perquisizione e il sequestro probatorio, ma anche la notifica dell’avviso di garanzia nei confronti di venti persone per inquinamento ambientale colposo. Proprio ieri, lunedì, Acea ha annunciato la riduzione della pressione dell’acqua nelle ore notturne nella Capitale, indicando tra le cause di questa misura il fatto che “dal lago di Bracciano la società non può prelevare più di 400 litri al secondo”.
A causa della siccità che ha colpito il Lazio e il conseguente abbassamento del livello del lago di Bracciano, a luglio era stata ventilata persino la possibilità di un razionamento dell’acqua per i romani. Eventualità scongiurata da un accordo tra la Regione e il Comune: riduzione della captazione di Acea da 900 a 400 litri al secondo fino al 10 agosto, poi a 200 litri dall’11 agosto fino a fine mese e blocco definitivo a settembre. Proprio questa riduzione è stata indicata dalla società come una concausa dello “scenario molto serio” che riguarda la fornitura di acqua alla Capitale. D’altronde già dopo l’intesa del 28 luglio scorso, se da una parte il presidente del Lazio Nicola Zingaretti evidenziava che “l’acqua del bacino sta finendo”, dall’altra Acea bollava come “illegittima” la riduzione della captazione.
Nello stesso periodo, la stessa procura di Civitavecchia che oggi ha disposto i sequestri su terreni privati, apriva un’inchiesta sul presidente di Acea Ato2 Saccani e sequestrava documenti nella sede della società. L’indagine nasce da due denunce presentate alla procura di Civitavecchia da un parlamentare e da alcuni sindaci delle aree che si affacciano sul lago di Bracciano. Anche in questo caso l’accusa è di inquinamento ambientale, per eventuali prelievi eccessivi che hanno portato a prosciugare il Lago di Bracciano. “Acea, per giustificare il razionamento del servizio idrico a Roma, utilizza ogni mezzo a sua disposizione per scrollarsi di dosso ogni responsabilità – commenta il deputato Pd, Emiliano Minnucci – e lascia sottendere che parte delle colpe sono da attribuire agli allacci abusivi perpetrati a Bracciano da cittadini privati, ponendo l’accento anche sulla riduzione del volume dei prelievi imposto da Zingaretti”.