Aveva detto che l’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge voleva “portare le sue tradizioni tribali in Italia” e che “gli africani appartengono a un’etnia molto diversa dalla nostra”. Per queste frasi i giudici della Quarta sezione del tribunale di Milano avevano condannato Mario Borghezio al pagamento di una multa di mille euro e a un risarcimento di 50mila euro. Le espressioni utilizzate dall’eurodeputato leghista nei confronti di Kyenge sono “particolarmente diffamatorie, perché si fondano su un’idea razzista della inferiorità della cultura del Paese d’origine”, si legge ora nelle motivazioni della sentenza. I giudici avevano comunque riqualificato l’originaria imputazione di propaganda di idee fondate sulla superiorità e l’odio razziale in diffamazione aggravata. Per Borghezio le motivazioni della sentenza “confermano il carattere politico di un processo che mi vede come il solo sanzionato fra i tantissimi parlamentari, italiani ed europei, che si espressero negativamente sul ruolo governativo di Cecile Kyenge”.

“L’attacco al Ministro Kyenge non ha riguardato solo le sue convinzioni politiche in materia di immigrazione e leggi sulla cittadinanza – si legge però nella sentenza – ma anche la sua persona in quanto originaria di un Paese africano“. I giudici negano anche si tratti di una “critica politica”, come sostenuto dalla difesa, né che le frasi “abbiano qualcosa a che fare con la satira“. L’intervista in questione è quella rilasciata da Borghezio alla trasmissione radiofonica La Zanzara il 29 aprile 2013, in cui aveva affermato “gli africani sono africani” riferendosi a “tradizioni tribali, il bonga bonga” e, aggiungendo, tra le altre cose, “un culo che gli abbiamo dato un posto in una Asl”. “Per affermare che la civiltà africana non ha prodotto grandi geni, basta consultare l’Enciclopedia di Topolino, non occorre che lo dica io”, aveva aggiunto l’eurodeputato della Lega Nord, il cui messaggio, per la Corte, “non è solo di natura politica, ma si traduce in disprezzo verso la persona offesa a causa della sua origine africana”.

I giudici spiegano anche perché hanno derubricato il reato in diffamazione aggravata. “Il concetto di propaganda razzista – si legge – non è una semplice manifestazione di opinione, ma è integrata da una condotta volta alla persuasione e a ottenere il consenso del pubblico, come può avvenire, ad esempio, nel corso di un comizio o di un’assemblea”. Cosa che in questo caso non sarebbe accaduta, trattandosi di un’intervista radiofonica. In una nota lo stesso Borghezio si scaglia invece contro “l’esorbitante entità del risarcimento“, ritenuta dal leghista non giustificabile, “visto che la persona in oggetto non ha certo avuto danni dalle mie critiche politiche, se mai vantaggi, vista la successiva promozione all’importante ruolo al Parlamento Europeo“.

Kyenge è stata eletta a eurodeputata del Partito democratico, proprio come Borghezio. Il leghista torna all’attacco anche su questo punto: “Sia detto senza acrimonia ma come pura critica politica, la Signora brilla per assenza persino quando, come in questa settimana, il Presidente del Parlamento Europeo aveva convocato in assemblea straordinaria tutti i rappresentanti della diplomazia europea, moltissimi dei quali in Africa, a discutere sul ruolo dell’Europa nei rispettivi Paesi, con un apposito panel dedicato specificatamente all’Africa, in cui il sottoscritto era ovviamente presente”.

“Sul fronte strettamente politico – replica Kyenge – noto con soddisfazione oggi un inedito interesse da parte di Borghezio nei confronti del continente africano e delle relazioni tra Africa e Unione europea“. “Sarò felice di osservare il suo importante contributo alla prossima risoluzione del Parlamento sulla strategia Ue Africa, alla quale contribuirò in quanto relatrice del parere della Commissione Libe“, continua l’eurodeputata Pd. “Ho dedicato l’intera estate al lavoro – conclude – osservando da vicino il sistema di accoglienza e integrazione in Italia, in tutte le sue fasi, per intervenire al meglio in questa importante stagione per il nostro Paese, stagione che vedrà la riforma del Regolamento di Dublino al centro di un importante dibattito europeo”.

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